Una recensione dimenticata dell’Incendiario (1910) di Aldo Palazzeschi

di Antonio Lucio Giannone

Lo scritto che qui si pubblica apparve per la prima volta il 13 aprile 1910 sul settimanale leccese “Il Risorgimento” e da allora è stato quasi completamente dimenticato dagli studiosi. Eppure, stando alla Bibliografia della critica che figura nel secondo volume di Tutti i romanzi di Aldo Palazzeschi, a cura e con introduzione di Gino Tellini (Milano, Mondadori “I Meridiani”, 2005), esso dovrebbe essere una delle prime recensioni, se non addirittura la prima, del libro di versi L’Incendiario, col rapporto sulla vittoria futurista di Trieste  (Milano, Edizioni futuriste di “Poesia”, 1910) dello scrittore fiorentino, uscito appena un mese prima.

L’autore, Mimì (Domenico) Frassaniti, nato nel 1886 a Squinzano, in provincia di Lecce, dove morì nel 1912, a ventisette anni non anco­ra compiuti, era venuto in contatto nel 1909 con F.T. Marinetti, probabilmente a Napoli dove studiava, entusiasmandosi alle idee del futurismo nel quale vedeva soprattutto la possibilità di un rinnovamento della letteratura. Il suo nome è rimasto a lungo ignorato fino a quando non ne diedi notizia nell’articolo Futurismo “sommerso”, apparso sul 25-27 (gennaio-marzo 1986) dell’“Immaginazione”. In lavori successivi ne ho ricostruito la breve vicenda letteraria pubblicando anche le lettere inviategli da Marinetti e da altri futuristi. Inoltre gli ho dedicato una specifica voce nell’opera in due tomi Il Dizionario del Futurismo, a cura di E. Godoli, (Firenze, Vallecchi, 2000).

Frassaniti, che diede un’adesione ufficiale al futurismo con uno scrit­to apparso sul “Risorgimento” il 24 novembre 1909, dall’agosto del 1909 all’ottobre del 1910 pubblicò, fra l’altro, sul settimanale leccese, una serie di articoli, nei quali passava in rassegna quasi tutti i volumi usciti, in quel periodo, nelle Edizioni di “Poesia”, poi divenute Edizioni futuriste di “Poesia”, volumi che riceveva regolarmente dal fondatore del movimento, spesso anche con dedica degli autori: da Le ranocchie turchine di Enrico Cavacchioli, a Aero­plani e L’esilio di Paolo Buzzi, da Revolverate e La solita canzo­ne del Melibeo di Gian Pietro Lucini a L’Incendiario di Aldo Pa­lazzeschi, a Mafarka il futurista dello stesso Marinetti.

Pubblicato in Letteratura, Recensioni e segnalazioni | Contrassegnato | Lascia un commento

Prefazione a un libro di poesie inedite di Aldo D’antico, Erva te jentu, in dialetto parabitano

di Paolo Vincenti

Il libro che avete tra le mani ha avuto una travagliata gestazione. Nato per essere pubblicato quando l’autore era ancora in vita, ha subito una serie di rallentamenti dovuti soprattutto alle precarie condizioni di salute dell’autore stesso. Il libro inoltre doveva improrogabilmente essere firmato “Mesciu Masi”, questo lo pseudonimo scelto da Aldo D’Antico per non meglio precisate ragioni; vano ogni tentativo di conoscerle da parte di chi scrive quando Aldo mi chiese di confezionare una prefazione che accompagnasse la silloge poetica. Oggi il libro vede la luce grazie all’interessamento della benemerita associazione Progetto Parabita, in abbinamento con la rivista NuovAlba, proprio quella rivista che ha visto tante volte comparire sulle proprie pagine la firma dell’autore. Ci sono anche più chiare le ragioni della bizzarra decisione di nascondere la propria identità dietro uno pseudonimo: la prima va ricercata in una sorta di malcelato pudore da parte di Aldo a mostrarsi poeta, lui che era conosciuto più come storico ed infaticabile promotore culturale che come versificatore; la seconda ragione consiste certamente nel timore di potere oscurare in qualche modo il nome dei tanti poeti che come editore aveva pubblicato nelle sue collane, specie perché il libriccino sarebbe stato pubblicato dalla medesima casa editrice, ovvero Il Laboratorio. Ma oggi, con questa pubblicazione, sono venute meno le remore di Aldo e noi possiamo far leggere ad un pubblico ampio le sue perle poetiche, anche grazie al beneplacito della famiglia.

D’Antico, studioso di lungo corso, cultore della storia, della letteratura e delle tradizioni popolari, proveniva, come il suo alter ego Mesciu Masi, da una terra, Parabita, che ha dato moltissimi poeti rimarchevoli quali, per citare solo i più recenti, Rocco Cataldi, Tommaso Ravenna, Giuseppe Greco, Antonio Colizzi, Mario Cala.

Pubblicato in Anticipazioni, Avvertenze, Conferenze, Discorsi, Introduzioni, Prefazioni, Premesse, Postfazioni, Presentazioni | Contrassegnato | Lascia un commento

Marcello Toma, La tuta


Olio su tela, 37×27 cm, 2020
Pubblicato in Arte, Artisti contemporanei galatinesi | Contrassegnato | Lascia un commento

I resti di Babele 13. La penna di Albahari custode della memoria

di Antonio Errico

Un mestiere è il simbolo di una civiltà, la rappresentazione di una dimensione sociale, economica, soggettiva, collettiva, di benessere, di sviluppo, di progresso. Racconta molte storie, si compone di stratificazioni semantiche, è la sintesi di presente e di passato, una proiezione nel tempo a venire. E’ teoria e prassi allo stesso tempo, conoscenza, passione, sentimento, esperienza e intuizione, razionalità e percezione. Un mestiere è la condizione che costituisce l’espressione di una visione del mondo e della vita. L’ultramodernità e l’ipercomplessità  si sono portate via molti mestieri. Con i mestieri si sono spente anche le storie che essi generavano, il linguaggio che elaboravano. Alla civiltà delle macchine, all’impero della tecnologia, si deve pagare un prezzo. Il progresso, in fondo, è fatto anche di questo. Poi a pagare sono sempre le creature. Ci sono mestieri che non s’inventano ma che neppure si riconvertono, perché costruiti fin dall’infanzia, osservando le mani e ascoltando i silenzi di chi di quei mestieri aveva possesso, e poi provando e riprovando a imitarli. Ci sono mestieri che ormai appartengono ad un territorio che confina con il mito. In questo territorio si avventura Giuseppe Albahari con una ricerca che s’intitola “Mestieri del Novecento. Sulle coste del Salento”. Ne ricostruisce l’origine e lo sviluppo ma, soprattutto, ne pone in rilievo il carattere identitario rispetto ad un luogo chiamato Salento, acutamente rilevato da Enrica Simonetti nella sua prefazione.

Pubblicato in Recensioni e segnalazioni | Contrassegnato | Lascia un commento

Michele Saponaro, lo scrittore ritrovato. Intervista a Antonio Lucio Giannone

a cura di Gianluca Virgilio

Nella splendida cornice del Palazzo del Rettorato (Sala Conferenze) a Lecce e del palazzo Ducale di San Cesario, il 25 e il 26 marzo si è svolto un Convegno internazionale di studi sullo scrittore Michele Saponaro (San Cesario, 1885 – Milano, 1959). Il Convegno è stato possibile grazie a un finanziamento del CUIS (Consorzio Universitario Interprovinciale Salentino), che ha approvato il progetto di recupero e valorizzazione dell’opera di Michele Saponaro, proposto dal Comune di San Cesario di Lecce (soggetto proponente), in collaborazione con l’Università del Salento (soggetto attuatore), e in particolare con la cattedra di Letteratura italiana contemporanea della Facoltà di Lettere e Filosofia e col Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura. Col prof. Antonio Lucio Giannone, vero artefice del Convegno, facciamo il punto degli studi su Saponaro.

Professor Giannone, può spiegare come mai ha organizzato, a poco più di cinquant’anni dalla morte, un Convegno internazionale su Michele Saponaro, un nome che al “grande pubblico” contemporaneo dice ben poco?

L’occasione è stata rappresentata dal cinquantesimo anniversario della scomparsa dello scrittore, che nacque a San Cesario di Lecce il 2 gennaio 1885 e morì a Milano il 28 ottobre 1959. Si intendeva perciò celebrare questa ricorrenza con un Convegno di studi che riesaminasse in maniera critica e problematica l’opera di Saponaro che tra gli anni Venti e i Cinquanta del secolo scorso è stato uno dei narratori più letti e conosciuti in Italia, ma dopo la sua morte è stato  completamente dimenticato. Ovviamente questa manifestazione non aveva un intento localistico, ma aveva lo scopo di immettere nuovamente in circolazione il nome dello scrittore a livello nazionale.

Pubblicato in Interviste, Letteratura | Contrassegnato , | Lascia un commento

Inchiostri 139. Grotta dei Cervi

di Antonio Devicienti

Era forse per riti celebrati nel ventre segreto della terra: scendevano dentro la madre fino ai segni che promettevano cibo, vita, guarigione.

Aggiungevano segni.

La loro lingua, la loro musica, i segni che certamente si dipingevano o tatuavano sul corpo, i cibi che preparavano anche con fine sacrificale davano forma al mondo, dal mondo ricevevano forma.

E il Salento (sebbene ancora in là da venire) cominciava da sùbito a essere stratificazione, continuo palinsesto di segni, di voci, di memoria.

Pubblicato in Inchiostri di Antonio Devicienti | Contrassegnato | Lascia un commento

Vita nuova

di Gianluca Virgilio

Sono successe tante cose da quei tempi lontani, che mi accade di ricordarne solo alcune; penso che siano le più importanti. Di queste voglio lasciare traccia nel presente libretto, per ripartire da esse, per non riparlarne mai più, perché così credo di iniziare una nuova vita.

Ero molto giovane, allora, avevo poco più di quindici anni. Lei aveva un paio d’anni più di me. Il suo nome in questa storia non ha importanza. Né ricordo la prima volta che la vidi, come era vestita, che cosa ci dicemmo, nulla. Ricordo soltanto una mia interna emozione, che non mi venne meno neppure quando mi ritirai in camera mia. Che cosa fosse questa emozione io non sapevo, ma sapevo che tutti la chiamavano amore e così la chiamai anch’io.

L’andavo cercando per vederla e uscivo da casa molto spesso, per incrociarla per strada in modo che apparisse casuale, il che mi accadeva qualche volta, senza altro risultato. Lei era sempre in compagnia di un’ amica oppure d’un ragazzo che la scarrozzava spesso in vespa, e io dovevo accontentarmi di un fugace saluto, di uno sguardo, d’un gesto amichevole.

L’avevo vista molti anni prima: in un cinema, in una festa per bambini, per strada? Non lo so più. Abitando entrambi nella stessa città, è possibile che l’abbia vista in qualsiasi luogo. Anche allora ne avevo ricavato l’emozione che provai la seconda volta, una sorta di stupore che emanava da un corpo sconosciuto, diverso dal mio, sconosciuto e per questo misterioso e attraente. Fu un tale stupore che mi indusse a scrivere le prime poesie, che feci leggere al mio migliore amico, il quale mi incoraggiò a proseguire. Ora so che il suo consiglio valeva quanto quello di uno stolto.

Pubblicato in I mille e un racconto, Vita nuova e altri racconti di Gianluca Virgilio | Contrassegnato | Lascia un commento

Padre Placido Cortese, un martire del nazismo

di Rocco Orlando

 Padre Placido Cortese nacque il 7 marzo 1907 a Cherso  (Istria, Croazia)1. Primogenito di Matteo e Antonia Battaja, fu battezzato con il nome di Nicolò Matteo, ma in famiglia veniva chiamato Mico. Il secondogenito, Matteo Antonio, veniva chiamato con il nomignolo di Mate; il terzogenito, Antonio Giovanni, era chiamato Tone; la sorella, Giovanna Antonia detta Nina, era l’ultima dei nati ed aveva otto anni meno di Nicolò Matteo.

     A Cherso esisteva un convento dei frati conventuali con cui il Cortese entrò in contatto fin da piccolo, come ebbe poi a scrivere ai genitori: “Voi avete fatto crescere nel mio cuore, la grazia della vocazione e avete fatto di me un piccolo uomo”. A 13 anni, nel1920, entrò nel seminario dei frati di Camposampiero e nel 1923 vestì l’abito religioso assumendo il nome di fra Placido. L’anno successivo diventò frate ufficialmente professando i voti di povertà, castità ed obbedienza.

      In tale occasione scrisse una lettera ai genitori: “Carissimi  […].   10 ottobre è la data tanto desiderata e ormai raggiunta. Alla tomba di S. Antonio di Padova giurerò di osservare la Regola di San Francesco, coi tre voti: obbedienza, povertà, castità. Potete credere quanto sia contento!!  Ho sempre pensato a questo giorno che credevo lontano, ma con grande gioia è arrivato. La vita da frate francescano è impegnativa, ma è un peso che non ci si stanca mai di portare, ma che sempre innamora l’anima verso maggiori sacrifici, fino anche a dare la vita per la difesa della fede e della religione cattolica, fino a morire fra i tormenti come i martiri del Cristianesimo in terre lontane e straniere (Padova 7 ottobre 1924)”.

Pubblicato in Storia | Contrassegnato | Lascia un commento

Antonio Stanca, Universum A-39


02-05-2004, olio su MDF, cm 80,2 X 80,2.
Pubblicato in Arte, Artisti contemporanei galatinesi | Contrassegnato | Lascia un commento

Presentazione di Giuseppe Caramuscio e Mario Spedicato, Confini che dividono, frontiere che uniscono. In memoria di Francesco De Paola nel primo anniversario della morte

di Giuseppe Caramuscio – Mario Spedicato

Quattro anni fa, nel licenziare alle stampe il Festschrift per gli ottant’anni di Franco De Paola, ci sembrò naturale e persino ovvio augurargli anni di salute e di attività di ricerca, di questa anticipando anche il tema intorno al quale stava già lavorando. Le sue condizioni fisiche, la sua serena operosità e soprattutto il suo modo di atteggiarsi davanti alla vita non lasciavano presupporre che poco tempo dopo ci avrebbe abbandonato. E così, mentre ci preparavamo all’uscita di un volume di Franco De Paola, le circostanze ci hanno costretto a riproporne uno su di lui. Non si è trattato però di replicare, magari con qualche utile integrazione, quanto già proposto nella precedente pubblicazione, con la quale abbiamo cercato di presentare, insieme alle testimonianze dei rapporti umani e alle tappe professionali e scientifiche, le linee di un primo bilancio della sua attività di studioso in rapporto non solo al livello personale, ma anche al quadro storiografico complessivo in cui si è inserita. In questo volume, che pubblica gli atti di un incontro di ricordo e di studi tenuto a Taurisano lo scorso marzo (nell’anniversario della scomparsa), più qualche altro contributo che successivamente ha voluto aggiungersi, abbiamo voluto meglio focalizzare alcuni nuclei tematici, allargandone sia la dimensione diacronica che quella sincronica: insomma porre le basi di un ideale passaggio di testimone ai suoi amici, ai suoi concittadini, ai suoi allievi e a quanti vorranno pro- seguire nella direzione da lui tracciata. Una continuità di cui la comunità di Taurisano avverte il bisogno, perché dopo la generazione di chi è nato durante la seconda guerra mondiale o nell’immediato dopoguerra, quella che ha animato la vita culturale del paese nel nome di Vanini, non si intravede un gruppo di intellettuali altrettanto attrezzato e motivato in grado di dare stabilità ad un progetto di cura della memoria storica. Vivaci e formative espressioni culturali a Taurisano certo non mancano: grazie all’ammirevole impegno di non pochi giovani, queste si sono riversate piuttosto sull’educazione alla musica, alla danza e al teatro, più attrattive per le nuove generazioni, ma la cittadina ancora manca, ad es., di una propria monografia organica che integri competenze di più specialisti – l’unica finora pubblicata, opera di Roberto Orlando, risale al 1996 – oppure di un programma di eventi che sfrutti l’enorme risorsa della Biblioteca comunale, tra le più ricche del Sud Salento, forte delle donazioni dei professori Antonio Corsano e Giovanni Papuli.

Pubblicato in Anniversari, Necrologi, Commemorazioni e Ricordi | Contrassegnato , | Lascia un commento

Cornuto!

di Paolo Vincenti

Rileggendo un articolo su “San Martino e la festa dei cornuti”, scritto molti anni fa, si è destata in me la malsana curiosità di approfondire l’origine della singolare associazione corna-adulterio, animale cornuto-marito tradito. Si tratta di una ricerca di altissimo profilo, sebbene senta già nelle orecchie le risate sghignazzanti degli amici storici professionisti. San Martino, infatti, oltre a quello dei mendicanti, riveste il singolare protettorato dei “cornuti”. Se ne riportano varie e fantasiose versioni. Nel nord Italia, specialmente nelle aree agricole, i contratti di affitto venivano convenzionalmente fatti partire l’11 novembre, data in cui i lavori nei campi erano ormai finiti. Allo stesso modo, in quella data si facevano decorrere i nuovi contratti. I contadini lasciavano le loro cascine per tornare in paese oppure si spostavano nei nuovi poderi ed era facile quindi imbattersi in carri e carretti pieni di masserizie e attrezzi di lavoro. Si diceva “fare San Martino” per intendere il trasloco e questo modo di dire si è protratto fino ad oggi. Quello era anche il periodo in cui si facevano gli acquisti per la nuova stagione agricola e si compravano anche gli animali. In tutta la Puglia, nei tempi passati, si tenevano per San Martino importanti fiere degli animali con le corna. Questo fatto portò i maligni, collegando le corna degli animali a quelle dei mariti traditi, a coniare vari proverbi, come: “per San Martino, gira e rigira, tutti i cornuti vanno alla fiera”, oppure “chi ha moglie tenga per casa San Martino”. Durante questa fiera, si poteva vendere e comprare di tutto. I contadini erano allettati dalla varietà e dall’abbondanza della merce esposta: ora, l’abbondanza è simboleggiata dalla “cornucopia” o corno dell’abbondanza, e per questo San Martino guadagnò il protettorato sulle corna in genere, anche quelle simbolo di prosperità. I buontemponi, durante la festa, erano soliti fermarsi davanti alle case dei mariti traditi, i cosiddetti “becchi”, ed intonare canzoni sfottenti nei loro confronti.

Pubblicato in Prosa | Contrassegnato | Lascia un commento

Gaetano Minafra, Arte contemporanea 4. Senza titolo

Carta su legno, cm. 19 x 34, anno 2023.
Pubblicato in Arte, Artisti contemporanei galatinesi | Contrassegnato | Lascia un commento

Marangella

di Antonio Prete

A Gianluca Virgilio,

al margine dei suoi racconti d’infanzia,

questi scampoli di passato

che oscillano al vento della memoria.

Marangella poteva derivare da marangia, l’arancia amara. Ma in quel campo del nonno  chiamato Marangella non ricordo agrumi, i quali invece  fiorivano nell’orto sul quale si apriva la cucina, nella casa del paese. Nel piccolo terreno di campagna c’erano piuttosto fichi, fichidindia, mandorli, qualche filare di vigna, e tanti cespugli arruffati di rovi e mortelle che coprivano i muretti a secco.  Rifugio per la notte e per la controra non era un furnieddhu ma una stanza di tufo addossata alla cisterna: sull’intonaco scrostato gli zii, tornati da poco dalla guerra, avevano dipinto un gran bicchiere spumeggiante di vino con la scritta Salute ai villeggianti.

La strada asfaltata, e alberata, che conduceva a Gallipoli, non era lontana, e assai prossimo era il campo d’aviazione di Galatina. Tutt’intorno masserie dalle mura alte, in qualche caso turrite, con arcate profonde negli ingressi, e grandi eucalipti e pini che le ombreggiavano.  Rivedo, in una luce che è il mondo intero abbagliato, il nonno ‘Ntunucciu che mi porge un fico già sbucciato, il cane da caccia Alì, dal mantello nero e una macchia bianca sul petto, che mi segue con gli occhi in ogni movimento : esplode, avvolgendo ogni cosa, il coro impetuoso e potente delle cicale. Oppure è sera fonda, stiamo per attraversare o abbiamo già attraversato la strada chiamata nazionale, ho la mano nella mano del nonno, siamo diretti a una vicina masseria : non c’è la luna e in alto le stelle fanno un chiarore che è anche un immenso tremolio di luci, e sollevo gli occhi verso l’alto, il nonno non mi dice nulla di quelle stelle, ma cammina in silenzio, ed è quel silenzio che mi fa guardare le stelle, è forse nella culla di quel silenzio che appare, ancora informe, fluttuante, una prima domanda sul mondo, ma questo lo penso adesso, perché m’è accaduto tante volte, scrutando il cielo notturno e la sperduta geometria delle costellazioni, di pensare ai silenzi di mia madre nelle sere estive, quando finiva i suoi racconti, e quei silenzi li confrontavo con  i silenzi del nonno. Mi rivedo ancora in uno di questi camminamenti notturni verso le mura di una masseria : costeggiando un vigneto, il nonno prende un grappolo d’uva, insieme lo mangiamo nel buio, mentre si sente il rumore dei nostri passi.

Pubblicato in I mille e un racconto, Infanzia salentina di Gianluca Virgilio | Contrassegnato | Lascia un commento

Donato Valli e la parodia della scienza nei settenari sdruccioli della Stampita leccese

di Antonio Romano

Abstract

The paper deals with a XVIII c. comedy which has been re-edited by Donato Valli in 2006. The comedy (hereafter Stampita) is written in Sallentinian and is composed by 461 proparoxyton septenaries. These verses result in a sustained rhythm throughout a discussion between three characters about what we may call nowadays an agri-food topic. Two laymen and a physician argue on a technique that was used to reduce the presence of acid in grape fermentation, namely the one which is based on the use of gypsum in the wine. The point is whether this technique improves the product without causing health injuries in wine consumers. Since the language used by the scientist is too much cautious and balanced and does not answer in terms of a clear-cut explanation, both the sceptical layman and his friend decide to go drinking in order to forget what they think a silly discussion. At the end they give the audience the impression they were aware that the technique was mainly motivated by industrial interests. Outside this intriguing content, which may always be seen – mutatis mutandis – as a topical subject, the comedy shows relevant interests for its linguistic structure and the way how the violation of Grice’s maxims and Culpeper’s politeness rules raises comic effects.

Introduzione

La Stampita è una commedia in versi del 1713 che Donato Valli aveva portato all’attenzione della comunità di studiosi in un saggio di 137 pp. pubblicato da SIBA nel 2006 col titolo “Una disputa settecentesca tra scienza gioco e dialetto. Storia dellu mieru cunzatu cu lu gissu”. Il testo discusso appartiene a un libretto stampato a Lecce da Tommaso Mazzei (attivo tra il 1700 e il 1730) e conservato in un esemplare segnalato da Gregorio Contessa presso la biblioteca comunale di Manduria. La disputa presente nelle carte originarie viene descritta come preceduta da un componimento in prosa (“raggionamento”) più un componimento in versi (“capitolo”) di 130 vv. in terzine dantesche. A questa 1a parte di 20 pagine, segue una 2a sezione in prosa di 24 pagine contenente un Dialogo (a firma di tal Nicodemo Scistrate) e una Prefazione (di un altrettanto sconosciuto Settimio Nicomede) e una 3a di 8 pagine contenente i 461 vv. di una “canzone” anonima in settenari sdruccioli. Ci soffermiamo su quest’ultima, la Stampita, nella quale si alternano le battute in dialetto leccese, dei personaggi Lazzaru e Totaru, e le sentenze in italiano di un terzo, il Messere. Sulla Stampita questo contributo propone alcune considerazioni linguistiche di corredo, alla luce di saggi recenti che aiutano a mettere in risalto aspetti della comicità e dell’informatività della commedia.

Pubblicato in Letteratura | Contrassegnato | Lascia un commento

Gioventù salentina 5. Movimenti galatinesi. Il racconto di Roberto Cazzato (27-30 agosto 2006)

di Gianluca Virgilio

Roberto, quando e dove sei nato?

Il 31 maggio 1958, a Lecce, sono nato in casa – è una cosa buona -.

Mi parli dei tuoi genitori?

Mio padre, originario di Alessano, lavorava all’aeroporto di Galatina come sottoufficiale, marconista di bordo, mia madre è originaria di Cagliari. La mia famiglia era appena rientrata da Cagliari, un mese prima che nascessi. Mia madre lavorava come steno-dattilografa. A Galatina la mia famiglia è arrivata nel 1964. Nel frattempo erano nate alcune delle mie sorelle, ho cinque sorelle, io sono il maggiore. Abbiamo vissuto per circa vent’anni al Villaggio Azzurro, fino al 1979, poi i miei si trasferirono a Galatina.

Dove hai frequentato la scuola elementare?

Il primo anno a Lecce, gli altri anni a Galatina.

Dove hai frequentato la scuola media?

Alla “Giovanni Pascoli” di Galatina, sezione C, che era una sezione particolare, innanzitutto perché studiavo l’inglese e poi perché la sezione C, insieme alla sezione E, non che fosse la più proletaria, ma era la più strong, a differenza della A e della B, che era le sezioni più “gentili”, con delle eccezioni: in classe mia c’era Marcello Catamo, Pier Luigi Vitellio, Francesco Benegiamo, ecc., eravamo degli strani tipi.

Nella scuola media ti ricordi qualche esperienza di carattere politico?

Si andavano delineando delle simpatie. Quelli erano anni in cui ero scout, ma dentro di me si andava delineando una simpatia verso le idee di sinistra, a differenza di tanti miei carissimi amici che erano dichiaratamente di destra.

Pubblicato in Gioventù salentina di Gianluca Virgilio, I mille e un racconto, Interviste | Contrassegnato , | Lascia un commento

Sugli scogli 26. Ghetto dorato

di Nello De Pascalis

Mare e mattutine guazze

e selve e sterpi

e coste desolate;

qui scorre il mio tempo

tra immagini maliose

e pensieri d’assoluto.

Venite a vedere

il mio ghetto dorato:

– non è vile cedimento –

incarna il dissenso,

il rifiuto al baratto

– dico baratto –

sino alla morte.

Pubblicato in Poesia | Contrassegnato | Lascia un commento

Tra genti latine e radici greche

In libreria.
Pubblicato in Avvisi locandine e comunicati stampa | Lascia un commento

La verità della storia

di Gianluca Virgilio

[Scritto nel 2009 per i 95 anni di Mario Marti ]

Il 19 maggio 2009 Mario Marti ha compiuto la bella età di novantacinque anni, essendo nato a Cutrofiano lo stesso giorno del 1914. L’editore Mario Congedo di Galatina e Paolo Viti, direttore del Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura, a nome dello stesso Dipartimento e dell’intera Università del Salento, lo festeggiano con una pubblicazione curata dallo stesso Marti dal titolo Su Dante e il suo tempo con altri scritti di italianistica, Galatina, Congedo Editore, 2009, pp. 137 (vol. 36 delle Pubblicazioni del Dipartimento di Filologia Linguistica e Letteratura dell’Università del Salento). Ci associamo anche noi, con questo scritterello. Nel libro, che segue l’ultimo di Marti, Da Dante a Croce: proposte, consensi, dissensi, Galatina, Congedo Editore, 2005, l’autore riunisce la “postrema raccolta di saggi critici”, come Marti stesso li definisce con vezzo continiano nell’Avvertenza editoriale di p. 131, diciassette in tutto, tredici editi e quattro inediti, ovvero la produzione degli ultimi quattro anni, dedicandoli ai suoi 95 anni e ai 60 di convivenza con la consorte Franca (si veda il “singolare esergo in apertura d’opera” (p. 131), secondo la definizione dell’autore). Firma la Premessa (pp. V-VIII) il già menzionato Paolo Viti.

Pubblicato in Anniversari, Necrologi, Commemorazioni e Ricordi, Recensioni e segnalazioni | Contrassegnato | Lascia un commento

Presentazione de “L’Idomeneo” N. 36 – 2023 – Nell’enclave della Grecìa salentina: un patrimonio linguistico-culturale da tutelare

di Giuseppe Indino e Mario Spedicato

L’enclave ellenofona salentina costituisce ancora una forte attrazione soprattutto negli studi linguistici, sebbene in tempi recenti sconti un progressivo e inevitabile declino nella comunicazione scritta e orale in griko. Un patrimonio culturale che si è andato via via anche arricchendo di altre ricerche parallele che hanno interessato campi diversi come l’archeologia, la letteratura, la storia delle comunità, i beni culturali, le tradizioni popolari, la musica e, non per ultimo, anche le istituzioni ecclesiastiche e la vita religiosa delle popolazioni residenti. Non poco è stato prodotto finora in alcuni specifici settori di studio, ma molto resta ancora da fare in considerazione del fatto che oggi più di ieri si può contare in maniera più larga su competenze e specialismi forniti dalla maggiore istituzione culturale del territorio quale è appunto l’Università del Salento.

L’Università del Salento tuttavia non opera in solitudine nelle ricerche sul microcosmo griko, aprendosi alla collaborazione e alle sollecitazioni che vengono direttamente dal territorio, accompagnando, istradando e valorizzando quei progetti di studio che per originalità e rigore scientifico meritano di essere sostenuti e realizzati. Tra i tanti in itinere l’Università insieme alla Società di Storia Patria di Lecce hanno voluto dare concreto approdo editoriale al progetto elaborato dal Centro Studi Chora-ma di Sternatia intitolato a Donato Indino, che, sulla scia di altri pregressi studi grecanici, si ripropone di tenere viva una tradizione di ricerche di ampio spettro, rilanciate in un apposito convegno di studi celebrato nel mese di giugno del 2023.

Pubblichiamo in questa sede i contributi degli studiosi partecipanti, non nascondendo di averne perso qualcuno per via dei tempi imposti dalla Rivista ospitante, soggetta al rispetto tassativo della normativa accademica in materia di periodicità.

Pubblicato in Storia | Contrassegnato , | Lascia un commento

Aldo Caputo, Copertino e la Custodia Brindisina

Il volume dal titolo “COPERTINO E LA CUSTODIA BRINDISINA. I Frati Minori Conventuali tra gestione patrimoniale, azione pastorale e Inquisizione (secc. XVI-XVIII)” ricostruisce attraverso fonti inedite la storia dei nove conventi della Custodia di Brindisi (Brindisi, Mesagne, Ostuni, Oria, Francavilla Fontana, Veglie, Copertino (2), Torre Santa Susanna) e in particolare di quelli di Copertino, approfondendo aspetti trascurati della vita di San Giuseppe da Copertino, quali la persecuzione portata avanti con determinazione per tutta la sua vita dall’Inquisizione e le vicende immediatamente successive alla Canonizzazione.
Pubblicato in Avvisi locandine e comunicati stampa | Lascia un commento