La presenza polacca nella Basilica di Sant’Antonio a Padova

di Rocco Orlando

     La cappella polacca di s. Stanislao di Cracovia torna a splendere dopo il restauro progettato ed eseguito nella ricorrenza del centenario dell’indipendenza della Polonia. Sono stati sistemati gli affreschi di Taddeo Popiel (1863-1913), eseguiti nel 1899 e numerosi busti e lapidi collocati all’interno della cappella, con benedizione del 10 dicembre 2018 (lavori iniziati nel 2005).

     Il 30 dicembre 1489 Francesco Lanzarotti ordinò nel suo testamento di essere sepolto al Santo nella cappella di famiglia dedicata a s. Bartolomeo. Il 23 novembre 1559 i frati della basilica del Santo avevano concesso ai Polacchi che un loro compatriota, studente dell’Università, venisse sepolto nella cappella di s. Bartolomeo, giuspatronato della famiglia Lanzarotto. Ne venne una lite che stava per nascere anche in seguito a un testamento di un esponente della stessa famiglia non eseguito. Il 23 novembre si arrivò ad un accordo. I frati ammisero che la cappella da moltissimo tempo era dei Lanzarotto, che vi erano le loro insegne e i loro monumenti sepolcrali. Un’iscrione recitava: “Hic jacet Nobilis, et egregia Dna Francisca Quirina de Venetijs, uxor olim nob. Viri Fruzeri de Lanzarotis de Padua, quae obiit anno Domini 1327 die 20 februrii”. I Lanzarotti concessero che per quella volta nel muro laterale della cappella fosse costruito un monumento al Polacco purché nell’iscrizione fossero aggiunte le parole “et hoc de consensu Nobilium  de Lanzarotis, et  ex eorum   liberalitate”. Ma il 10 settembre 1604 i padri del Santo avevano concesso ai Polacchi come cappella di loro nazione e per farvi i loro sepolcri, la cappella Turchetto, ossia la cappella delle Stimmate  che era stata data in gestione allo “Spitale di S. Francesco”. L’Ospedale, cui era stata assegnata in commissaria quella cappella, tuttavia vi si oppose. Nella stessa data i padri si interessavano per vedere quali  cappelle erano  libere da giuspatronato per poi stabilire  quale assegnare agli stessi Polacchi.

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Presentazione di Paolo Vincenti, Le storie dello scirocco – Galatina, 3 maggio 2025


Sarà presentato sabato 3 maggio 2025 a Galatina, nello splendido scenario del Chiostro dei Domenicani, alle ore 19.00 l’ultimo romanzo di Paolo Vincenti, Le storie dello scirocco (Besa 2024), un libro che unisce in singolare connubio alto e basso, ovvero la prosaicità della vita con i suoi aspetti lirici. Le storie di questo libro sono ambientate ad Oppido Tralignano, un paese immaginario e sonnolente del sud Italia, dove si muovono i vari protagonisti, ciascuno desideroso di cercarsi delle avventure, anche soltanto immaginandole, in un contesto che tenderebbe invece a deprivarli degli slanci vitali. Ma la blanda insurrezione posta in atto si rivela velleitaria, superficiale, inefficace, e tutti rimangono infangati della propria indolenza. La storia parodizza il disincanto di una provincia letteraria, col suo non-essere per chissà-forse-essere, che sbuggera se stessa nell’inganno soporifero dell’autosuggestione. Il romanzo, che si potrebbe definire un Satyricon degli anni Duemila, è popolato da personaggi bizzarri, macchiettistici, talora surreali. Lo è Lorenzo, sedicente scrittore, più allettato dai piaceri carnali e dalle avventure facili, che coltiva un vago sogno di gloria. Lo è Fabrizia, nipote del parroco del paese, Don Aristarco, assai corrotto, ma lo è soprattutto la figura pantagruelica del Barone Gattamelata, nobile decaduto, vizioso e corruttibile, dotato purtuttavia di una simpatia addirittura coinvolgente. Il linguaggio usato è duttile, pirotecnico, modellato sulle tendenze e sui caratteri dei vari protagonisti, e quindi mutevole, come gli aerei umori e le sorti degli stessi. Nel mentre si snoda la trama boccaccesca del romanzo, a farla da padrone è lo scirocco disfacente, tipico del clima del Sud, un elemento costante delle varie storie che rende con i suoi malarici miasmi ancor più subdolo, untuoso, l’ambiente; una energia negativa risucchia chiunque, e ad ognuno non è dato che ridere di se stesso, drammaticamente, goffamente, qualche volta persino gioendo. 
Dopo l’Introduzione del Consigliere Comunale Davide Miceli, parleranno del libro la prof.ssa Anna Stomeo (Soc. Storia Patria Puglia di Lecce) e l’ing. Marco Cataldo (Officine Cantelmo).
Tutti invitati.
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Inchiostri 147. Variazioni su di un dipinto

di Antonio Devicienti

1.

Nel Concerto interrotto di Tiziano Vecellio il silenzio sta sospeso tra il ricciolo della viola da gamba e la mano posata sulla spalla del ragazzo alla spinetta, tra le dita di questi e i tasti fermi sotto la loro pressione.

Ammutolitosi il madrigale nella stanza invisibile mentre il musicista più anziano sembra dire: «Andava bene, ma rifacciamolo – può essere ancora migliore».

2.

Nel Concerto di Tiziano Vecellio il trio interrompe per pochi attimi (che la pittura perpetua per secoli) l’esecuzione gustando il piacere non della musica eseguita, ma di quella che sta per riprendere – bellezza della sospensione, emozione del silenzio d’attesa, contemplazione della vertigine.

3.

Nel Concerto interrotto di Tiziano Vecellio il monaco agostiniano ferma l’esecuzione invitando alla riflessione: che cosa nella musica sia memoria del passato che, pure, non è propriamente passato se ancora riverbera nel presente e che cosa sia anticipazione del futuro, visto che ognuno dei tre musicisti sa quello che andrà a eseguire dopo l’ultima battuta suonata e cantata.

Musica è dunque compresenza dei tre tempi che la mente distingue, ma che l’anima avverte (animadvertit) nella loro non scissa continuità.

4.

Nel Concerto di Tiziano Vecellio la voce umana in accordo coi due strumenti conosce sé stessa, strumento ed espressione, suono e parola, variazione e colore.

Nel trio ogni linea musicale s’intreccia con le altre, ne è contrappunto, se ne distacca e vi i ricongiunge: se questo concerto è davvero interrotto allora esso è meditazione e attesa, musica del silenzio e voce del vedere.

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Gaetano Minafra, Arte contemporanea 23. Squarcio nel cielo

Materiali vari con bruciature, cm 60 x 40, anno 2015.
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Piazza Vecchia 12: il piacere abita qui

di Rosanna Verter

“Ti rimando dove t’ho preso, Filumena!”

“L’hann’ chius, Dummi’!”

Risponde così Filomena Marturano, ex prostituta, a Domenico Soriano, ricco pasticcere suo marito, quando egli la minaccia di riportarla nei bordelli.

È vero, erano stati chiusi. Chiusi il 20 Settembre del 1958, quando grazie alla legge Merlin fu scritta la parola fine ad una delle più umilianti istituzioni che vivevano grazie alla protezione dello Stato: le case chiuse,  altrimenti dette bordelli, casini, postriboli, case di meretricio, case di tolleranza. Luoghi di violenza e di depravazione che malgrado ciò hanno ispirato la narrativa di Guy de Maupassant  Boule de suif, La Dame aux camèlias di A. Dumas figlio, il cinema Adua e le compagne, Mamma Roma, Rocco e i suoi fratelli, Le notti di Cabiria, La Romana, Ieri, oggi, domani, il melodramma con la Mimì della Bohème di Puccini, e non ultimo Filumena Marturano rappresentazione teatrale di Eduardo de Filippo.  Solo per citarne alcuni.

La Costituzione è da poco entrata in vigore, l’Italia sta  rinascendo dalle ceneri fasciste, Togliatti è vittima di un attentato, le donne hanno conquistato il diritto al voto, il Ministro Scelba vieta il bikini…

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Una biografia di Re Artù

di Antonio Montefusco

Nella Puglia normanna di Guglielmo il Malo, il presbitero Pantaleone fa realizzare nel mosaico monumentale della cattedrale di Otranto un’immagine di Artù che cavalca un animale cornuto: forse un ariete o addirittura un caprone. Siamo intorno al 1165, e quarant’anni prima (1120) il mitico Re era stato rappresentato sulla lunetta del duomo di Modena, mentre difende la sua donna da un rapitore.  Contemporaneamente, un maestro di Oxford originario della cittadina di Monmouth compone una Storia dei re di Britannia. Si chiama Goffredo, è un prosatore e poeta di cultura raffinata e dalla scrittura latina di qualità elevatissima e la sua opera si diffonderà anche grazie alla traduzione in anglo-normanno del poeta Wace, canonico di Bayeux, pochi anni prima del lavoro di Pantaleone. In uno strettissimo giro di anni, una oscura figura storica sorta dal violento periodo (il V-VI secolo) in cui la Britannia abbandonata dai Romani veniva attaccata a più riprese dai Sassoni diventa, grazie alla penna di Goffredo, un personaggio a tutto tondo: è un sovrano vittorioso, che dopo aver respinto gli invasori, conquista parte dell’Europa prima di ritirarsi, ferito, ad Avalon, quando comincerà la decadenza della Britannia.

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Manco p’a capa 253. Uccelli

di Ferdinando Boero

Ho trascorso il 1983 presso il Bodega Marine Laboratory, a Bodega Bay, in California: è il paesino dove Hitchckock ha girato “Gli Uccelli”. Il film circola ancora e presumo che anche i giovani lo conoscano. Un gabbiano becca la fronte di Tippi Hedren, la protagonista femminile, mentre attraversa la baia in barca. I locali sono sorpresi: “non era mai successo prima”. L’aggressività degli uccelli sale in poche ore, nel film, e si ribellano dai passerotti ai corvi. La finzione diventa realtà? Sono stato recentemente a Venezia e c’erano cartelli che non avevo mai visto, sui bidoni dell’immondizia. Attenzione ai gabbiani. Non mangiare in strada. Non avvicinarsi. Chi gira con un panino in mano diventa un obiettivo per i gabbiani che, in picchiata, arrivano a portar via il cibo di mano. Non succedeva, prima, proprio come ne “Gli Uccelli”.
Le stesse scene si vedono in altre città, dove i cartelli ancora non ci sono. I gabbiani reali sono grossi, devastano i cestini delle immondizie, spargono il contenuto tutt’attorno. Perché lo fanno?

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Marcello Toma, Atlantide 2.0




Olio su tela, 100×100 cm, 2023, collezione privata.
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Il Cantico delle Creature: intervista ad Antonio Prete

a cura di Gianluca Virgilio

Oggi, 28 aprile 2025, alle ore 10:00, presso il Castello angioino di Copertino, Antonio Prete terrà una lezione sul Cantico delle Creature di San Francesco, scritto 800 anni fa. Per l’occasione, ci ha rilasciato questa intervista.

Il Cantico delle Creature è stato scritto da San Francesco nel 1225. Cosa rende questo testo ancora così attuale e significativo nel 2025?

Il fatto che le creature convocate nella lode, e insieme lodate in quanto presenze viventi, sono osservate in una prossimità fraterna, da un vivente che si rivolge ad altri viventi. Cosa che oggi raramente accade. Per questo la sua attualità, di può dire, sta proprio nel fatto che ricorda a noi quel che tendiamo a rimuovere, la comune appartenenza alla natura, ai suoi ritmi, al suo apparire. E allora più che di attualità dovremmo parlare di inattualità, nel senso che va contro quel dominio che l’uomo ha stabilito sulla natura, devastandola.

In Prosodia della natura è scritto che la natura è diventata “opaca e inconoscibile”, ma che i poeti possono restituirle il suo significato. Come interpreti questa sfida alla luce del Cantico?

Prosodia della natura è un libro di molti anni fa, 1993, che vorrei ristampare. Perché le sue riflessioni, per frammenti, le sento oggi più che mai necessarie. In un tempo in cui la natura è diventata estranea, allontanata, usata, “sotterrata dall’incivilimento”, come diceva già Leopardi nel 1818. Quell’ “incivilimento” oggi è anche squilibrio ecologico, inquinamento, riscaldamento globale, e così via. Ebbene, i poeti dinanzi alla natura hanno sempre avuto l’atteggiamento di chi vuole mettersi in stato di ascolto, o di prossimità, o di interrogazione. Questo permette di preservare qualcosa della natura, permette un po’ di conoscenza della natura, in un mondo che soltanto la usa.

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La lectio di Antonio Prete al castello di Copertino. Storia e poesia nel Cantico delle creature

di Adele Errico

Antonio Prete ritorna a Copertino, il paese dal quale partì per la sua strada di docente e di saggista. Ritorna con una lezione sul “Cantico delle creature” che terrà lunedì mattina alle 10 presso il castello angioino nell’ambito dell’evento “Altissimo onnipotente bonsignore” che durerà fino al 4 maggio coinvolgendo anche le scuole. Tutti quelli che conoscono il suo vigore ermeneutico, sanno perfettamente che cosa aspettarsi dall’incontro: storia filologica e critica, analisi testuale, comparazioni con i testi della letteratura italiana, europea. Per Antonio Prete, ogni testo costituisce la rappresentazione di un universo. In quell’universo si muove con rigore e passione: con il rigore dello studioso e la concreta passione per la parola. Antonio Prete ritorna in Salento, dunque, a Copertino. Il ritorno è un tema che attraversa tutta l’opera di Prete, che sia in forma di saggio o di prosa o di poesia. In un libro intitolato “Torre Saracena”, edito da Manni, scrive che ci sono ritorni che somigliano all’ascolto di voci famigliari, e ritorni che, insieme al piacere del ritrovamento della lingua, dei sapori, della luce, “riaccendono quella specie di gioiosa quiete che è propria dell’amicizia, dei suoi legami”. Poi ci sono ritorni che riconoscono quello che la parola “cultura”, nella sua accezione insieme antropologica e artistica, può designare.

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Presentazione di Diego Cugia, Il principe azzurro – Parabita, 29 aprile 2025

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Voyage d’étude en croisière

di Gianluca Virgilio

À Annie Gamet, en souvenir de ses voyages.

Les voyages aujourd’hui sont aussi beaux qu’autrefois

Et un navire sera toujours beau uniquement parce que c’est un navire

Voyager est encore voyager et le large demeure où il fut toujours –

 Nulle part. Dieu merci !

Fernando Pessoa, Ode maritime,

 traduite par Armand Guilbert, Éditions Fata Morgana, 1980

L’intérieur du bateau m’a rappelé l’Overlook Hotel du film Shining de Stanley Kubrick : quinze ponts avec un nombre énorme de chambres donnant sur de très longs couloirs dans lesquels j’ai aussitôt éprouvé un sentiment d’égarement. Où est ma chambre ? Où sont mes élèves, et mes collègues ? Parfois j’en rencontre un qui erre désorienté à la recherche de son logement. Même le motif de la moquette est labyrinthique. Dans les espaces communs on passe d’un salon à l’autre, on traverse des restaurants, des bars, des casinos, des boutiques, etc. Il y a aussi le grand théâtre où chaque soir a lieu un spectacle, la salle de sport, le centre médical, la discothèque… Il y a surtout l’abondance de nourriture disponible, incluse dans l’offre prépayée : de la nourriture, tant et plus, à volonté au buffet ouvert une bonne partie du jour et de la nuit, ou bien au restaurant où les touristes sont servis par un personnel empressé. Le bateau est une petite ville flottante. On m’a raconté qu’un nombre considérable de retraités transfèrent leur pension mensuelle à la compagnie de navigation des grands navires de croisière en échange d’une cabine pour le restant de leurs jours. Certains se font ensevelir en mer. Est-ce vrai ? Pour nous, c’est le lieu de notre voyage d’étude, réservé aux lycéens des classes de terminale.

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I resti di Babele 27. Rina Durante, dall’isola di Saseno verso la letteratura

di Antonio Errico

Ci sono scrittori per i quali tra la vita e la letteratura si stabilisce una relazione di inestricabile interdipendenza: scrivono quello che vivono e vivono per scrivere, anche se non sempre riportano sopra un foglio le storie e le passioni di ogni istante, gli amori e i dolori di tutte le stagioni, i sogni ad occhi aperti e chiusi, le voci che ascoltano per strada, i volti che intravedono a un incrocio, le figure di un ricordo, i fantasmi che si affollano nelle ore dell’insonnia. Anzi, quello che materialmente scrivono non è altro che una sintesi essenziale, una quintessenza, una rifrazione, un’espressione simbolica, l’esito di una lunga elaborazione.   Rina Durante era una scrittrice così.

Se n’è andata nella notte tra il 25 e il 26 di dicembre del 2004.

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Prima del cortometraggio “Vite d’artista. Trasfigurazioni” di Raffaele Gemma – Galatina, 25 aprile 2025 (presso il Teatro Cavallino Bianco)

Interviste a Pietro Antonaci, Raffaele Gemma e Renato Grilli, a cura di Sofia Virgilio

Video a cura di Ornella Barone.

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Lezione di Antonio Prete sul Cantico delle Creature – Copertino, 28 aprile 2025

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Vincenzo Talarico: un meridionale nella Roma di Flaiano e Fellini

di Ettore Catalano

La raccolta  Cardarelli e dintorni di Vincenzo Talarico pubblicata nel 2013 a cura  di Giuseppe Cristofaro e Santino Salerno per la Fondazione “Vincenzo Padula” e per l’editore Rubbettino, non solo appare necessaria per poter comprendere meglio la poliedrica personalità del calabrese  Talarico, ma è storicamente utile per disegnare i tratti della Roma letteraria e mondana insieme tra gli anni ’50 e ’60, nel momento, come si sa, di una grande e decisiva trasformazione nel costume, nei comportamenti e nella stessa nozione di cultura e di arte.

Vincenzo Talarico è personalità versatile: come giornalista fu inviato speciale di numerosi quotidiani (“Il Resto del Carlino”, “Il Messaggero”, “La Stampa”, “Momento sera”), vinse nel 1963 il Premio Saint-Vincent per il giornalismo e si trovò anche al centro di vicende poco conosciute ricordateci anche da Indro Montanelli e da Arrigo Petacco. Faccio riferimento a due distinte circostanze: Talarico sarebbe stato il primo a divulgare prematuramente la notizia dell’armistizio di Cassibile firmato il 3 settembre 1943 e reso noto solo il successivo 8 settembre e avrebbe pubblicato, questa volta in forma anonima, sul quotidiano “Il Messaggero”, lo scoop della relazione di Mussolini (mai indicato col nome) con Claretta Petacci, suscitando reazioni da parte delle autorità fasciste nei confronti di Indro Montanelli, accusato, a torto, di essere il divulgatore dello scoop. Alessandro Pavolini dette l’ordine di cercare Indro Montanelli e fucilarlo, ma, grazie all’aiuto della madre e del cardinale Schuster, arcivescovo di Milano, Montanelli riuscì ad evadere dal carcere di San Vittore in cui era stato rinchiuso dai tedeschi perché considerato “badogliano” e a riparare in Svizzera.

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Presentazione della Nuova edizione della Storia del Grande Salento di Lino De Matteis – Campi Salentina, 27 aprile 2025

Anteprima della nuova edizione del libro “STORIA DEL GRANDE SALENTO” (Edizioni Grifo) che avverrà nell’ambito della XXIV rassegna editoriale “Città del Libro” a Campi Salentina, domenica 27 aprile 2025, alle ore 18:00, nella Sala “Don Pietro Serio”, in piazza Libertà. Dialogheranno con Lino De Matteis Carla Sannicola, ricercatrice del Consorzio AASTER di Milano, Egidio Zacheo, docente di Scienze politiche all’Università del Salento, e Adelmo Gaetani, giornalista ed editorialista del “Nuovo Quotidiano di Puglia”.
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In ricordo di Carlo Mauro – Galatina, 27 aprile 2025

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La Festa della Liberazione spiegata ai ragazzi

(Dove dico agli studenti il senso che possiamo dare alla Festa della Liberazione nell’anno 2025)

di Gianluca Virgilio

Mi avete chiesto, voi che appartenete alla Generazione Z, che cos’è accaduto di così importante esattamente ottant’anni fa, il 25 aprile del 1945, al tempo in cui i vostri bisnonni, appartenenti alla cosiddetta Generazione silenziosa, erano giovani, tanto che ancor oggi in questo giorno non si va a scuola e non si va al lavoro e la gente scende per strada e manifesta e festeggia, portando ognuno la propria bandiera. Perché succede questo? mi chiedete. Io allora non ero ancora nato, ma ho parlato spesso con i miei genitori e i miei nonni: a quel tempo i primi erano giovani meno che ventenni, i secondi uomini e donne maturi, che avevano vissuto la guerra sulla loro pelle, e dai racconti ho saputo quel che era accaduto nei giorni più bui che ricordavano: così, ho capito perché il 25 aprile del 1945 per loro fu il giorno della Liberazione e perché questa può anche essere la nostra Festa.

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Maria Teresa Sparascio, nome di battaglia: donna

di Rosanna Verter

Qualcuno è morto al momento giusto.

L. Sciascia

Il 25 aprile 1945 comincia la fase finale della Resistenza che avrebbe portato alla liberazione dell’Italia dal regime fascista. Questa data ha segnato indelebilmente la nostra storia, ha segnato il risveglio della coscienza nazionale che si riscatta, dopo il ventennio, dalla vergogna nazifascista. Per combattere questo predominio, liberali, socialisti, monarchici, democristiani, repubblicani, uomini, donne, giovani, militari, sacerdoti che senza appartenenza ad ideologia politica o con ideali diversi ma con la stessa voglia di combattere i soprusi, di scrollarsi di dosso l’onta dei repubblichini di Salò, si organizzarono in brigate accomunati dal patriottismo e dal rifiuto dell’ideologia fascista. Fu così che nelle città come nelle campagne, negli strati sociali più poveri così come in quelli più intellettuali si alimentarono le avversioni al fascismo. Quegli stessi giovani che erano stati “educati e forgiati nel clima torrido della rivoluzione fascista” dimostrarono di saper riconoscere nel nazifascismo il nemico dell’Italia e della civiltà.

È con la Resistenza, lotta popolare, da interpretare come un Secondo Risorgimento, che molti escono dall’isolamento per apprendere la politica ed il suo linguaggio e capire il significato di democrazia, libertà, rivoluzione. È con la Resistenza che gli italiani fanno comprendere al mondo che la lunga sudditanza alla tirannia fascista non aveva compromesso la loro tempra morale. È con la Resistenza che molti giovani nati e cresciuti nel ventennio, delusi dalla fallimentare esperienza della dittatura mussoliniana, compresero che essa non aveva più il crisma della legalità e si unirono alle forze partigiane.

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