di Gianluca Virgilio
“Vero è che un amico vi sarà sempre più indefinibile di un nemico. Onde guardate di non accettare la sua amicizia come una legge necessaria alla vostra anima. Pensate che dipende da voi che le sue parole sembrino auree o di ombra. (…)
E non mostrate mai il vostro vero interiore; cioè non simulate, ma dissimulate. (…)
Ma siate attenti a tutti i volti dell’amicizia, i quali talvolta sembrano imperscrutabili e sono limitatori della vostra energia espansiva.
E non state troppo a guardarli.”
Federigo Tozzi, Barche capovolte,
nelle Opere, Mondadori, Milano 1987, IV ed. del 1995, p. 746.
Dipende forse da come ho guardato i volti dell’amicizia che queste parole di Federigo Tozzi mi sembrino di grande saggezza. Pertanto, questo scritto sarà un commento allo scrittore senese e una definizione del mio modo di vedere l’amicizia.
Innanzitutto, l’amico è un essere indefinibile, i contorni del suo animo ed anche le sue intenzioni inevitabilmente ci sfuggono. Noi non sapremo mai cosa si agita nel suo cuore e quando arriveremo per caso o dopo lungo tempo a saperlo, egli ci sarà così estraneo che le sue intenzioni non ci importeranno più e forse non lo considereremo più come un amico. Viceversa, del nemico sappiamo molto bene che alla prima occasione ci nuocerà, il suo animo è per noi più che sufficientemente definito.
Da qui deriva che l’amicizia non deve essere una legge necessaria della nostra vita. Infatti, non solo non siamo tenuti a rimanere fedeli all’amico ad occhi chiusi, per dirla con lo scrittore senese, cioè in presenza di una sua malefatta nei nostri confronti, ma dobbiamo sentirci completamente liberi. Pertanto, si potrebbe vivere bene senza amici? Non direi, perché se rifiutassimo di avere amici chiuderemmo la porta del bene che spesso l’amico tiene aperta.
Quanto afferma l’amico parlando con noi è di per sé neutro. Dipende unicamente da noi dare un senso alle sue parole, tenendo sempre le antenne ben dritte per captare quanto di buono ce ne può venire. Allo stesso modo, dipende solo da noi il male che un amico potrebbe arrecarci.
L’amico che ci limita è da tenere a bada…, eventualmente bisogna allontanarlo e sbarazzarsi di lui, oppure bisogna redarguirlo. Sta a noi non lasciarci soffocare dall’amico.
Non contare mai sull’amico, usandogli sempre ogni riguardo, al fine di recargli il minor fastidio possibile. Bisogna lasciare che sia lui a farsi avanti e non ricorrere a lui nel momento del bisogno, ma solo quando abbiamo qualcosa da offrirgli.
L’amico del cuore non fa per noi, ma per il ragazzino immaturo. Già l’adolescente conosce i benefici e le insidie dell’amicizia. Con l’amico bisogna dissimulare, il che non vuol dire ingannarlo, nella qual cosa consiste la simulazione, ma vuol dire che non bisogna esporre al suo sguardo il vero interiore. Il nostro cuore non deve essere mai messo a nudo davanti all’amico. Perché un giorno se ne potrebbe approfittare per colpirvi e farvi del male? Certamente no: in questo caso lo riconoscereste come la figura ben definita del nemico. In realtà, la legge principale dell’amicizia richiede discrezione e il mantenimento del segreto. La dissimulazione è onesta perché non dice mai il falso, ma ci trattiene sulla soglia della verità, quella verità che occorre salvaguardare da chi si ha davanti, l’indefinibile amico. Semmai, sta a lui saperla cogliere e mantenere a sua volta segreta.
Neppure bisogna guardare troppo i volti dell’amicizia, i tanti volti che ci circondano e da cui siamo guardati a nostra volta. C’è il pericolo di rimanerne storditi e irretiti. Pertanto, bisogna usare parcamente dell’amicizia, offrendosi e sottraendosi a seconda del volto che ha intercettato il nostro sguardo. Se la nostra vita non dipende dall’amicizia, allora prestiamoci all’amico quanto basta a renderla migliore.
[in Quel che posso dire, Edit Santoro, Galatina 2016, pp. 100-102]