di Antonio Errico
Il giorno 15 del mese di agosto comincia l’autunno. Quale che sia il luogo in cui ci si trovi, senza relazione alcuna con quello che si sta facendo, inevitabilmente si pensa all’autunno: per un istante soltanto, come un’ombra vagolante e leggera, il pensiero si volge all’autunno. E’ con quel pensiero, per quel pensiero, che l’autunno comincia. Anche se l’aria brucia a quaranta gradi, anche se l’afa morde crudelmente le carni, davanti agli occhi, inaspettate, si presentano figure d’autunno, immagini di esistenza consueta: di esistenza vera. Forse perché l’esistenza vera è quella consueta, la fitta trama delle storie di ogni giorno, l’andirivieni a volte affannoso, le ansie per le ore che passano in un fiat spesso senza darti il tempo di fare quello che vorresti fare, di dire una parola che vorresti dire, di dare una carezza che vorresti dare, di incontrare qualcuno che vorresti incontrare, di startene con te stesso per qualche minuto. L’esistenza vera è quella consueta.
Agosto è come una divagazione del tempo nella quale ci si concede l’illusione che sia possibile sottrarsi alla dimensione ordinaria dell’esistere, alle scadenze, alle scansioni, ai contesti definiti, coerenti, ordinati. Ma il giorno 15, così, per caso, senza volerlo, inevitabilmente si pensa all’autunno. Anche se per un istante soltanto. Anche se con un pensiero distratto. Anche con un inconfessato piacere. Autunno significa un ritorno a se stessi, ai bilanci, ai progetti, alle serenità, alle turbolenze, alle speranze, agli affetti, alla consistenza dei sentimenti, delle passioni che durano. Significa un ritorno ai sogni ad occhi aperti. In autunno anche i sogni sono consueti: però sono possibili, sono concreti. Sono quei sogni che possono diventare realtà. Il 15 di agosto si pensa all’autunno e si ritorna a casa.