di Ferdinando Boero
Allarme per la denatalità in Italia. Siamo 60.317.000, ma ogni anno perdiamo individui; quest’anno pare che siamo diminuiti di 116.000 unità. Si grida al tramonto dell’Italia. Ci sono altri numeri che lo confermano: in dieci anni il nostro paese ha visto l’emigrazione di 250.000 giovani. Nel 2020 sono stati 131.000 ad andarsene. La disoccupazione giovanile è al 30%, per chi rimane. Significa che c’è un 30% di giovani in più rispetto alla possibilità di assorbimento del mercato del lavoro: l’Italia non sa che farsene dei suoi giovani. I pochi che si laureano, rispetto agli altri paesi avanzati, non sono “utilizzati”. Si parla di divario tra le richieste del mercato del lavoro e la qualità dell’offerta, ma negli altri paesi i nostri laureati trovano lavoro, da noi no. Sono molto ricercati i manovali, gli operatori agricoli. Ovviamente pagati una miseria. È l’immigrazione a soddisfare questa fascia di mercato. Nel frattempo le fabbriche chiudono e si trasferiscono nei paesi dove si pagano salari che, da noi, sono da fame.
Adesso mettiamo assieme le due cose: denatalità e emigrazione-disoccupazione giovanile. Se gli italiani avessero prodotto centinaia di migliaia di figli oltre a quelli già prodotti è ragionevole pensare che avrebbero trovato lavoro? Quale ragionamento porta a questa conclusione?Forse lo stesso che ha spinto per il numero chiuso a medicina, per realizzare poi che l’ondata di pensionamenti di medici non troverà rimpiazzi? Nel nostro paese si scoraggia l’istruzione superiore (numero chiuso) ma poi ci si lamenta che non ci sono laureati. Quelli che ci sono, però, sono sottopagati, disoccupati, o emigrati.