di Antonio Errico
Quando si dice che questa civiltà ha quasi del tutto rinunciato alla memoria, forse si dice qualcosa di inesatto. Forse sarebbe meno inesatto se si dicesse che la memoria è coerente con le forme di questa civiltà: molteplici, spesso frammentate, continuamente, vertiginosamente mutanti, spesso realmente o apparentemente incoerenti, certamente fluide, provvisorie, certamente complesse. Tutto ha inizio e si conclude molto rapidamente. Si fa appena in tempo ad apprendere qualcosa, che dopo poco tempo è già superato. Si ricorda disordinatamente, senza un ordine sequenziale.
Fino a un certo punto la memoria ha avuto una struttura e una modalità di trasmissione culturalmente definite. Fino ad un certo punto è stata memoria lunga, che non si interrompeva, che passava tra le generazioni senza fratture, senza stravolgimenti. Perché durevoli erano le forme con cui la civiltà si rappresentava e i cambiamenti avevano passi lenti. La memoria aveva il tempo di adattarsi, la possibilità di modellarsi alle nuove forme che si definivano gradualmente. Poi “c’è stato in primo luogo il mutamento epocale che ha allontanato vertiginosamente il presente dal recente passato”, sostiene Adriano Prosperi nel suo recente saggio intitolato Un tempo senza storia: la rivoluzione informatica o più in generale “il trionfo di una cultura del mutamento e del progresso tecnico e scientifico che ha accelerato ogni oltre precedente la velocità della trasformazione del mondo”.
Così adesso si ha l’impressione che la memoria non abbia il tempo di adattarsi e modellarsi, che la sua presenza e la sua incidenza nel contesto dei fenomeni sociali e culturali sia quasi ininfluente. Ma forse si tratta di una impressione falsa. La memoria di questa civiltà ha l’identica fisionomia della civiltà. Instabile, fluttuante, sempre destinata al breve temine, sempre assediata dalle incertezze, suggestionata da espressioni diverse, attratta dalle superfici, sedotta dall’usa e getta. Come sono scomparse le grandi narrazioni, allo stesso modo è scomparsa la grande memoria. Le grandi narrazioni sono state sostituite dai frammenti; la grande memoria è stata sostituita da una memoria frammentaria. Però non è vero che non esista memoria. Forse è vero che si tratta di una memoria che si ritrova davanti una immensa e informe valanga di cose da ricordare e non può distinguere, selezionare quello si deve necessariamente ricordare, quello che si può anche dimenticare; non può perché la valanga immensa ed informe non permette di distinguere, di selezionare.