La triste realtà della patria di Quinto Ennio: molti scrittori e pochi lettori

di Antonio Errico

Qui. Dove ebbe origine il pensiero e maturò la parola di Quinto Ennio, Leonida, Livio Andronico, Marco Pacuvio, Antonio Galateo, Vittorio Bodini, Vittorio Pagano, Tommaso Fiore e il figlio Vittore. Qui. Dove c’erano accademie e monaci sapientissimi, dov’era favolosa Magna Grecia. Qui, dove “Pitagora dedusse il numero:/principio e fine/ d’ogni congiunzione di pensieri,/luce di fede/ e musica/ di navigati mappamondi”, come scrisse una volta Bruno Epifani. Dove lo Stupor Mundi diede concretezza alla fantasia di un castello misterioso. Qui si legge poco, ora, al tempo del secolo ventunesimo, del millennio terzo. Così si è detto qualche giorno addietro al Festival letterario di Tricase. Così ha detto Emanuela Bologna, rappresentante dell’Istat. Ha detto che, qui, in Puglia, legge soltanto il 27 per cento della popolazione. Uno su quattro. Allora si ha la tentazione di pensare che si tratti di fantastiche narrazioni. Ma probabilmente, sicuramente, non è così. Allora si ha il sospetto che i lettori si nascondano da qualche parte, si ritrovino in qualche catacomba, ad officiare un rito segreto. Ma probabilmente, certamente, non è così. Ci si chiede dove sono tutti coloro che per comprarsi i libri sottraggono ogni mese un centinaio di euro alle necessità quotidiane. Dove sono. Esistono, di sicuro. Lo sappiamo. Ciascuno di noi ne conosce qualcuno. Ciascuno di noi conosce quella gente che ogni mattino intorno alle sette compra la mazzetta dei giornali, che poi legge quando è tarda sera, oppure ne sfila le pagine e le conserva per quando gli capiterà la settimana di ferie. Ciascuno di noi conosce qualcuno, oppure è egli stesso quel qualcuno, che strappa con i denti un’ora alla notte per leggersi dieci pagine di un libro comprato appena un giorno prima oppure che da un anno, anche di più, teneva in vista sopra il tavolino.Dove sono costoro, uno si chiede. Si chiede se li hanno intervistati, se rientrano nel conto che si è fatto, se hanno inciso nelle percentuali.

Ma delle statistiche non si ha ragione di dubitare. Con molta probabilità il conto torna. Ci sono quelli che leggono quattro libri al mese e quelli che non ne leggono uno in dieci anni. La percentuale costituisce l’esito di questa compensazione. Come insegna Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, in arte Trilussa.

Se il ragionamento ha una sua logica, se le percentuali rappresentano la realtà di una condizione, allora si avverte una sensazione di smarrimento, non si riesce a maturare una comprensione, non si può fare a meno di domandarsi com’è che possa accadere, ora, come si diceva, al tempo del secolo ventunesimo, del millennio terzo, che si perpetuino gli squilibri nell’ambito della nazione, come mai il Nord Est può registrare il 48,7 per cento di lettori, il Nord Ovest il 48,5, il Centro Italia il 42,7, il Sud non più del 27,5.

Riferiscono i dati che il 17 per cento delle famiglie pugliesi non possiede nessun libro; il 52,4 per cento ne ha fino a 50; il 14,2 per cento ne possiede da 51 a 100; il 7,9 per cento possiede da 101 a 200 libri; il 7,4 per cento ne ha oltre 200. (Poi si dovrebbe capire di che libri si tratta).

Però molti di noi conoscono qualche famiglia che in casa non ha posto neppure per appoggiare una chicchera, essendo qualsiasi spazio occupato da scaffali e pile di libri. Per cui i dati gli sembrano inverosimili. Invece pare che siano proprio veri e che anche in questo caso funzioni il discorso della compensazione.

Capire quale possa essere il motivo di questa differenza non è per nulla facile.

Che sia la crisi non si può dire. La crisi ha coinvolto e coinvolge tutti, da nord a sud, da est a ovest. Non si può nemmeno individuare la causa in una differenza del livello di istruzione. La scuola di tutti e per tutti ha, graziaddio, composto equilibri.

Neppure si può pensare che la situazione sia determinata dall’invasione dei social che distraggono, disorientano, risucchiano il tempo e il pensiero, per il semplice fatto che la circostanza interessa il pianeta per intero.

Meno che mai ci si può permettere di attribuire una qualche responsabilità alla scuola considerato che la scuola ha fatto e fa tutto quello che ha dovuto e potuto e tutto quello che deve e può.

Ancora: non si può dire che la Puglia abbia mostrato, almeno negli ultimi trent’anni, una qualche disattenzione nei confronti della lettura. Anzi. Si è verificato un continuo svilupparsi di iniziative di sensibilizzazione e di promozione.

Che cosa, allora. Personalmente non lo so, non riesco a capire. Non riesco neppure a crederci. Però non si può negare che questi dati corrispondano a verità. Ad una tristissima verità.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, giovedì 11 maggio 2017]

 

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