Confessione di A l d a M e r i n i

di Viator


Marc Chagall, Gli innamorati in verde, 1914-1915
Gouache e olio su carta incollata su cartone
Collezione privata.

Tu mi domandi per sempre,

ma io non ho vita continua;

ti nutrirei di attimi soltanto.

Sono l’apparizione che dilegua,

e il tempo che intercorre fra due tappe

è una tregua a favore della morte.

Io vivo nello spazio di un amplesso:

tu stesso mi maturi senza accorgerti

sotto il tepore delle tue carezze…

Ma ti confesso, e credimi:

non c’è forma di donna che continui,

dentro di me, il rovescio dell’amante.

Alda Merini (Milano: 1931-2009) è una poetessa che piace perché è unica e perché è vera. Un essere normale è plurale nelle sue plurime convenzionalità e perciò falso e contraddittorio, non per sua scelta né per suo merito o demerito, ma è così. In questa poesia, che non può ascriversi che all’amore, immagina l’uomo che le chieda di essere sua “per sempre”. Normale che sia l’uomo che la donna, gli innamorati, chiedano e pretendano dal partner fedeltà usque ad finem: mio/a per sempre! È così normale, questo, da essere banale. Sono tutti Romeo e Giulietta. Ma per la poetessa l’amore non ha continuità. Non esiste come fedeltà; essa non può esprimersi che nella continuità. L’amore non esiste come sentimento, l’amore è chi ama. Ed io – dice – “non ho vita continua”. Non c’è tempo per un dopo a quell’attimo fuggente che è il godimento: “Io vivo nello spazio di un amplesso”. Quel che può dare al suo uomo sono “attimi soltanto”, “apparizione che dilegua”, “tregua” al termine della quale c’è solo la “morte”. È l’amante stesso che senza accorgersi “matura”, consuma l’amore, lo accende, lo arde e lo spegne, “sotto il tepore delle [sue] carezze”. È solo questo l’amore? Un accendersi e spegnersi nella brevissima durata del piacere? La poetessa parla per sé o quello che dice vale per tutte/i? C’è un “Ma” che introduce i tre versi del pensiero finale che potrebbe tradire, per il lettore, una lezione di vita. È l’universalità-veggenza del poeta. Quel “Ma” non avversa, anzi ribadisce l’assunto dei precedenti versi. E, allora, perché “ti confesso”? In fondo, non era già quella di prima una confessione?  Resa all’incapacità di essere diversa o messaggio che la sua condizione vale per tutti/e, che gli altri lo sappiano o meno, lo confessino o meno. Dunque: amanti e basta? Il dubbio è tutto del lettore. Per la poetessa l’amore è azione, che dura quel che dura, non può essere che così. “Non c’è forma di donna che continui, dentro di me, il rovescio dell’amante”.

[“Presenza taurisanese”, anno XXXIX n. 4 Aprile 2021, p. 7]

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