Manco p’a capa 40. Giovani: da ecologisti ad ecologi

di Ferdinando Boero

Sono del 1951 e ho vissuto gli anni 60 e 70 all’età in cui si pensa di aver capito tutto. Contestazione delle generazioni precedenti, rottura degli schemi, capelli lunghi, vestiti trasgressivi. Un periodo esaltante. Il primo concerto a cui ho assistito è stato dei Beatles. Volevamo cambiare il mondo, senza aver ben capito come fare, e le nostre “lotte”, con sit in, occupazioni, cariche della polizia, volantinaggi di foglietti ciclostilati, manifestazioni, erano di classe. Contro la guerra e lo sfruttamento delle masse lavoratrici. Ho persino manifestato contro la meritocrazia, strumento di oppressione di noi figli della classe operaia. Nessuna sensibilità per le questioni ambientali, allora: concentrati su noi stessi, volevamo godere del miracolo economico, avere la nostra fetta. L’abbiamo avuta, a spese della natura. All’università ho cominciato a occuparmi di ambiente. mi sono reso conto dell’insostenibilità dei sistemi economici e ho cominciato a denunciare altri tipi di ingiustizia e di sfruttamento: quelli nei confronti dell’ambiente. Ma le generazioni che hanno seguito la mia non hanno ingaggiato grandi battaglie, e la mia si è “imborghesita”, come si diceva allora. Le ideologie sono tramontate, la foga delle discussioni si è stemperata. Forse è stata la vittoria della coppa del mondo nel 1982 a fare da spartiacque. Finiti gli anni di piombo iniziano gli anni 80, il benessere è alla portata di tutti e non c’è più bisogno di lottare per un ideale. Mani Pulite, dieci anni dopo, spazza via il sistema corrotto dei partiti, ma gli italiani si innamorano di Berlusconi, e dell’evasione fiscale. Le sue televisioni propongono lotterie, quiz, calcio, tette, culi, telenovele e reality show. Vuoto ideologico pneumatico, tuttora imperante. 

Ma i tempi stanno cambiando, direbbe Bob Dylan. Mi hanno cercato i ragazzi di Fridays for Future e di Extinction Rebellion, chiedendomi di partecipare ai loro eventi. Ragazzi come ero io tra gli anni 60 e 70. Arrabbiati, con la voglia di cambiare il mondo. Solo che ora non lottano per motivi sociali, come facevano “noi” alla loro età, si oppongono a uno stile di vita che sfrutta l’ambiente e lo distrugge. Gretini, li chiamano i cretini, perché si rifanno a Greta. Mi sono rivisto in quei ragazzi. Anche loro, come me allora, convinti di aver capito tutto. Anche loro con una voglia matta di cambiare tutto. Cerco di spiegare la differenza tra ecologisti (sensibili alle questioni ambientali) e ecologi (competenti in questioni ambientali), diventando subito paternalista. Mi trattengo dal dirgli che devono studiare. Mi hanno cercato loro, dopotutto. Negli anni settanta lessi un’intervista a Frank Zappa che mi cambiò la vita. Parlava della rivoluzione, e diceva che le rivoluzioni di solito sostituiscono una tirannia con un’altra. Zappa proponeva di entrare nel sistema, cercare di andare più in alto possibile, e cercare di scardinarlo dall’interno. Non per niente, se non l’avesse fermato il cancro alla prostata, avrebbe corso a Presidente degli USA. E quindi: non dovete solo fare manifestazioni in piazza, dovete arrivare nelle stanze dove si decide, e dovete imporre lì le vostre rivendicazioni.

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