di Luigi Marrella
«Se un dio ti dicesse che devi morire domani o al massimo dopodomani, non daresti più grande importanza, a meno d’essere l’ultimo dei vili, al fatto che capiti dopodomani invece che domani (è poi tanto grande la differenza?). Così non credere sia un grande vantaggio il vivere ancora innumerevoli anni piuttosto che fino a domani» (Marco Aurelio, Pensieri).
Forse invitandoci a riflettere proprio su questo “pensiero”, ripreso da un volumetto tenuto a portata di mano, la cui pagina era evidenziata da un segnalibro, ci ha lasciati poche settimane fa Leo Stefàno (Casarano, 18.5.1954-18.1.2021). Laureatosi in medicina, aveva rinunciato all’esercizio attivo della professione perché – così mi è sembrato di capire nel corso degli anni – non riusciva a confrontarsi coi temi del dolore e della sofferenza, soprattutto altrui. La sua estrema sensibilità umana non gli permetteva di lasciare spazio a quel distacco necessario nell’approccio non tanto con la malattia, quanto piuttosto col malato. È rimasto comunque nel settore, operando fino alla morte nell’ambito della LILT di Lecce (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori), sede di Casarano, con le funzioni di segretario organizzativo e coordinatore dei vari centri operativi della provincia. Ha avuto un ruolo di primo piano come curatore del periodico trimestrale della stessa LILT, a partire dal suo esordio nel lontano 1992 (il numero zero è del dicembre) fino ad oggi. Su questa rivista – accanto ai temi della salute e delle terapie – comparivano, nella sezione “Cultura”, anche articoli di natura storico-letteraria, con importanti collaborazioni; tra gli altri: Luigi Scorrano, Gino Pisanò, Raffaele Nigro, Vittorio Zacchino, Cosimo ed Enzo Pagliara.