di Antonio Errico
Spesso ci si chiede, per diverse e ovvie o meno ovvie ragioni, quali saperi saranno necessari, essenziali, indispensabili, nei tempi che verranno, che cosa sarà richiesto o preteso dai contesti del sociale, dall’universo del lavoro, dalle condizioni che caratterizzano le relazioni interpersonali. Ci si chiede se basteranno gli apprendimenti che si è riusciti a conquistare fino ad un certo punto attraverso i territori della formazione che ciascuno avrà attraversato, o se ci sarà bisogno di una conoscenza sempre nuova e ulteriore, di una disponibilità costante a tendersi verso orizzonti che fanno intravedere nuove occasioni e possibilità di sapere, nuovi paesaggi di culture.
Spesso ci si chiede questo e ciascuno dà, anche solo a se stesso, delle risposte che alle volte, o spesso, in realtà diventano altre domande. Perché è complicato, è difficile, fare previsioni. I contesti sociali mutano rapidamente le loro configurazioni. Il lavoro si trasforma in continuazione e di conseguenza mutano le forme e gli strumenti con cui si realizza. Le relazioni interpersonali sono inevitabilmente condizionate da tutte le situazioni che coinvolgono ogni singola persona. I fatti che accadono, i fenomeni che si verificano esigono una molteplicità di interpretazioni.
Allora rispondersi alla domanda che riguarda i saperi che saranno essenziali domani l’altro o probabilmente anche domani, diventa pressoché impossibile o comunque oltremodo azzardato.
Per esempio: si può dire le lingue. Ma è una risposta troppo facile. Non basta. Bisogna chiedersi e rispondersi quali lingue, senza potersi permettere di dare per scontato che le lingue di oggi che diciamo dominanti e funzionali, restino dominanti e funzionali in un futuro anche prossimo.