di Ferdinando Boero
“Gli uomini di scienza sono l’incarnazione della barbarie mentale, proveniente dalla sostituzione degli schemi ai concetti, dei mucchietti di notizie all’organismo filosofico-storico”, così scriveva Benedetto Croce ne Il risveglio filosofico e la cultura italiana. E questo spiega la diffidenza verso la scienza che caratterizza la “cultura” italiana, visto che Croce disegnò i percorsi di formazione nel nostro paese.
Con queste parole in mente contestai un mio collega filosofo quando parlò di “scientismo”: l’eccessiva fiducia nella scienza. Eccessiva? e quale altro sistema abbiamo per acquisire conoscenza? Darwin ha messo l’uomo dentro la natura, e Copernico ha messo la terra al suo posto nell’universo. La scienza ha dato le risposte e gli scienziati sono diventati filosofi, cambiando la nostra visione del mondo e di noi stessi.
Ho cambiato idea, e ora per me scientismo è una parola ammissibile, anche se con qualche modifica rispetto all’accezione originale. Vediamo perché.
Il crescere della popolazione umana e uno stile di vita distruttivo modificano il pianeta, rendendolo inospitale per la nostra specie. Gli scienziati che studiano gli ecosistemi e la biodiversità (ecologi, zoologi, botanici) dicono: non possiamo crescere all’infinito e dobbiamo cambiare stile di vita, stiamo mettendo a rischio la nostra sopravvivenza.
Altri scienziati non chiedono di limitare la crescita e sviluppano nuove tecnologie, in grado di infrangere i limiti e permettere una crescita senza fine. Non a caso la “crescita” continua ad essere il perno dei programmi di tutti i governi, anche se ora c’è maggiore consapevolezza della necessità di sostenibilità.