di Rosario Coluccia
Il 21 febbraio di ogni anno si celebra l’«International Mother Language Day» (Giornata Internazionale delle Lingue), data fissata dall’UNESCO per promuovere il multilinguismo e la consapevolezza della diversità linguistica e culturale esistente nel mondo. In quell’occasione, a febbraio, è stata resa pubblica la 23esima edizione di «Ethnologue», una sorta di enorme banca dati che passa in rassegna tutte le lingue parlate sulla terra fornendo, per ognuna di esse, il numero dei parlanti, le aree di diffusione, i dialetti facenti capo a una medesima lingua, le affiliazioni e le parentele tra idiomi diversi. «Ethnologue» arriva a contare 7.117 lingue viventi, parlate da sei miliardi di persone, che vivono in 181 stati indipendenti. La cifra precisa delle lingue va presa con un certo beneficio d’inventario: la prudenza è necessaria perché il numero può essere oscillante in relazione al progresso generale delle conoscenze (vale per la linguistica come vale per tutti i campi del sapere) e, più spesso, perché sulla valutazione incidono criteri extra-linguistici, in particolare per quanto riguarda la distinzione tra lingua e dialetto, nozioni spesso contrapposte per ragioni ideologiche (o addirittura politiche), non scientifiche. In generale, le informazioni ricavabili da quella banca dati vanno accolte con cautela, come ha fatto recentemente rilevare Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, in una relazione da lui tenuta al Convegno internazionale «Lessicografia Storica Dialettale e Regionale», XIV dell’Associazione per la Storia della Lingua Italiana (svolto, ovviamente, in modalità telematica).