I funerali di Kobe Bryant

di Pietro Giannini

Per chi le lacrime – sotto le cupole del Center?

Per chi le parole – davanti ai microfoni sensibili?

Per chi i canti – accompagnati da balli

di majorettes fiorite?

Forse per Kobe Bryant e per Gianna?

No. Kobe e Gianna sono nel cimitero

e non osiamo nemmeno immaginare

che cosa travaglia i loro corpi.

La vita di Kobe e Gianna

(e degli altri che appena ricordiamo)

si è spenta nel terrore della caduta

nel dolore dell’impatto

nella resa dello schianto.

Essi non sono più

o sono in qualche terra benedetta

dove vagano immemori di tutto

danzando portati dal vento

come vele sospinte dal soffio

d’una inspiegabile felicità.

E allora: perché si piange, si parla, si canta

nel Center?

Si piange per noi che restiamo

per il nostro dolore,

si parla per sentirsi vivi

per dire che ci siamo,

si canta per lenire l’amarezza

per l’esorcismo della paura.

Insomma, è per noi

che piangiamo, parliamo, cantiamo,

perché sappiamo che la morte

ora di Kobe e Gianna

sarà la nostra morte

e non potremo sfuggire;

cadremo anche noi dall’elicottero

e saremo anche noi soli.

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