di Guglielmo Forges Davanzati
La crisi COVID sta determinando un aumento del debito pubblico nella gran parte dei Paesi OCSE e con grande intensità in Italia. E’ bene a riguardo fare il punto della situazione. L’Osservatorio di Finanza Pubblica fa rilevare che il deficit pubblico – ovvero la differenza fra quanto lo Stato spende e quanto incassa – nel 2020 potrebbe eccedere l’importo 200 miliardi. Si stima che il finanziamento del nuovo deficit comporterebbe una spesa molto alta, pari a circa 530 miliardi, alla quale, tuttavia, contribuirebbero fondi europei (soprattutto nella forma di acquisiti di titoli di Stato da parte della BCE) nell’ammontare di poco più del 46%. Il debito pubblico in rapporto al Pil passerebbe dal 134.8% attuale al 160 nel 2020.
Il lockdown non ha avuto dunque solo effetti sui ricavi delle imprese e sul mercato del lavoro, ma anche sulla stabilità e la sostenibilità delle finanze pubbliche e, nel suo recente discorso al meeting di Rimini, Mario Draghi ha meglio chiarito i termini della questione. Il passaggio chiave del suo intervento vale la pena riproporlo: “La loro riflessione sul futuro [il riferimento è ai padri fondatori del progetto europeo] iniziò ben prima che la guerra finisse, e produsse nei suoi principi fondamentali l’ordinamento mondiale ed europeo che abbiamo conosciuto. È probabile che le nostre regole europee non vengano riattivate per molto tempo e certamente non lo saranno nella loro forma attuale. La ricerca di un senso di direzione richiede che una riflessione sul loro futuro inizi subito. Proprio perché oggi la politica economica è più pragmatica e i leader che la dirigono possono usare maggiore discrezionalità, occorre essere molto chiari sugli obiettivi che ci poniamo. La ricostruzione di questo quadro in cui gli obiettivi di lungo periodo sono intimamente connessi con quelli di breve è essenziale per ridare certezza a famiglie e imprese, ma sarà inevitabilmente accompagnata da stock di debito destinati a rimanere elevati a lungo”.