di Antonio Errico
L’anno che corre finirà fra qualche ora. Fra qualche ora comincerà un anno nuovo. Il primo di settembre è sempre l’inizio di un anno nuovo. Poi, si sa, gli anni che vanno e che vengono non sono mai uguali. Gli anni che vanno sono irripetibili; quelli che vengono sono imprevedibili. Vengono e vanno una volta per tutte e una volta soltanto.
Qualche volta può sembrare che uno rassomigli vagamente a un altro. Però gli anni non sono mai uguali. Non sono mai uguali i volti che hanno le stagioni, gli affanni che portano, le felicità, i dolori, le storie, gli entusiasmi, le esperienze, le passioni. L’anno che finirà l’ultimo giorno di agosto non rassomiglia a nessuno di quelli che sono passati: non rassomiglia neppure vagamente. Si spera che quello che comincia il primo di settembre non rassomigli a quello che va via: non rassomigli neppure vagamente. Si spera questo. Perché quello che va via è stato un anno assolutamente diverso; è stato un anno senza leggerezza, con una primavera dalla fisionomia sconosciuta, strana, oscura, che a volte è sembrata anche incredibile, assurda, che ancora adesso sembra incredibile e assurda, che qualche volta ci ha fatto anche paura. Anche questa estate qualche volta sembra incredibile e assurda, qualche volta ci fa anche paura. Si spera che l’autunno sia diverso, sia migliore della primavera che è passata, di questa estate che passa.
L’anno finirà l’ultimo giorno di agosto. Il primo di settembre comincerà un anno nuovo. Il primo di settembre si ritorna all’esistenza consueta: ma l’esistenza vera è proprio quella consueta, quella nella quale ogni giorno si fanno le cose che si sono fatte il giorno prima e che si faranno il giorno dopo. L’esistenza vera è quella che si dispiega con le solite faccende, con gli impegni consueti, con gli andirivieni frettolosi, con le ansie per i giorni che passano in un fiat spesso senza permetterti di fare quello che vorresti, per un lavoro che non riesci a finire, per una parola che avresti voluto dire a qualcuno e che non hai avuto il tempo di dire, per una carezza che avresti voluto fare, che avresti voluto avere, ma non hai avuto un attimo per farla, un attimo per fartela fare.