di Francesco D’Andria
Che a Brindisi, la città più importante della Puglia dopo la conquista romana, colonia latina già dal 244 a.C., e porto di collegamento con il Mediterraneo orientale, ci fosse un anfiteatro, non ci possono essere dubbi. Di tanto in tanto qualche appassionato di storia locale annuncia la notizia del suo ritrovamento, basandosi su testimonianze di anziani o su improvvisate letture di foto aeree, ma in realtà non ne rimane alcuna traccia. Deve aver subito la sorte di altri simili monumenti, potenziali cave di pietra, come la grande arena a Milano, i cui blocchi furono utilizzati nella costruzione delle vicine Basiliche cristiane. Probabilmente, a Brindisi, l’edificio per i ludi gladiatorî si trovava nel punto di arrivo della via Appia, immediatamente fuori dell’antico perimetro urbano, vicino Porta Mesagne, e soltanto le indagini geofisiche potrebbero identificarne la forma, sepolta sotto case e strade di una informe periferia. Sorte di poco migliore è toccata a Taranto dove il ricordo del monumento è affidata al nome della grande strada, via Anfiteatro appunto, che taglia la città nuova; ma solo brevi tratti di muri antichi, costruiti in opera reticolata, sono oggi visibili all’interno del Mercato Coperto. Come a Canosa, che pure costituiva l’edificio più grande della nostra regione, con un asse maggiore di 137 metri, secondo solo all’anfiteatro di Capua, che arrivava a 165 metri, ed era secondo soltanto al Colosseo. Nel nord della Puglia unico anfiteatro ben conservato in tutta la sua estensione è quello di Lucera di cui si conserva anche l’iscrizione con la dedica all’imperatore Augusto da parte di un magistrato, Marco Vecilio Campo, che aveva ricoperto la carica di duoviro e che ne aveva sostenuto i costi della costruzione. Anche se i restauri eccessivamente ricostruttivi ne hanno in parte modificato la struttura antica, si tratta di un edificio notevole, con l’asse maggiore di 126 metri, che poteva contenere circa 16000 spettatori.