Vivere nel paesone delle consorterie

di Ferdinando Boero

Ancora una volta il “Quotidiano”, con il suo direttore, dice verità scomode. Nel rispondere a un lettore leccese che vive a Milano e che denuncia la presenza di attività commerciali di bassa lega nei centri più suggestivi della città, il direttore Scamardella fa un quadro poco lusinghiero delle “borghesia operosa” della città, affermando che si è spesso occupata di salvaguardare i propri interessi specifici, scambiando i “diritti” con i “favori”. Da genovese trapiantato a Lecce da 30 anni non posso che confermare la sensazione del direttore Scamardella, napoletano trapiantato e felice, proprio come me. Avere gli “amici” giusti aiuta moltissimo. E se non li hai, sono guai. Magari puoi ricevere riconoscimento internazionale, ma localmente non conti niente. La rete amicale è potente e cura i propri interessi, con lo scambio di cortesie. Può essere formalizzata attraverso associazioni dedite al “mutuo soccorso”, in cui addirittura si giura di prestare aiuto ai “fratelli” (e quindi di riceverne), fino a consociazioni in cui non si giura ma in cui il mutuo soccorso esiste lo stesso. Il mutuo soccorso venne inventato da gruppi deboli come gli operai, che fecero, appunto, società di mutuo soccorso per aiutarsi in momenti critici. Il concetto nobile può facilmente portare, in altri contesti, a consorterie. Se in un tessuto sociale ed economico dominano le consorterie, in cui ci si aiuta tra “fratelli”, finisce la valorizzazione del merito, la valutazione dei risultati, l’equità delle decisioni. 

Certo, questa persona è in gamba, ha tutte le caratteristiche per fare bene le cose, però non è “fidato”, meglio prendere l’”amico”. Non è altrettanto capace, ma se gli chiedi di darti una mano, te la dà. L’altro, se non è convinto che sia giusto, ti dice di no. Roba da matti!!!!

Con questa logica si disgrega il tessuto economico, si scacciano i capaci e si promuovono gli incapaci. Gli amici ricevono, i non amici restano a margine, o devono andarsene.

Ogni volta che si denunciano storture, è regola non scritta del giornalismo, bisogna dare però un segno di speranza nel finale. E il direttore Scamardella è un professionista che segue le regole. E quindi elenca una serie di realizzazioni che rappresentano la speranza. E’ vero, tante cose non vanno, ma tante vanno. Le mura urbiche, il convento degli Agostiniani, il castello Carlo V restaurato, il teatro Apollo. E io aggiungerei anche altro. Le chiese barocche in continuo restauro (indice che la città se ne prende cura), i basolati, e molti altri interventi architettonici che rivelano una indubbia effervescenza.

Dato che non sono un giornalista professionista, però, posso rompere la regola d’oro dell’ottimismo finale. L’operosità è indubbia. Ma le cose rimesse a nuovo sono poi utilizzate in modo efficiente e razionale? Basti pensare al filobus. Si sono spesi milioni e milioni per realizzarlo, non lo prende quasi nessuno, e quindi c’è chi parla di smantellarlo, ovviamente con costi supplementari proprio per lo smantellamento. Abbiamo fatto l’Apollo. Evviva! A un metro di distanza c’è il Politeama, e poi il Paisiello. C’è spazio per strutture come queste? Saranno utilizzate come meritano? Ci sono molti storici palazzi, per non parlare del Museo Storico della Città di Lecce, che sono stati restaurati e ora sono vuoti. Inutilizzati o sottoutilizzati. Certo, sono stati salvati dal degrado, ma se non si utilizzano e non si fa la manutenzione il degrado torna.

I restauri costano, ci sono gli appalti. E per gli appalti i soldi si trovano sempre. E ogni volta che quei guastafeste dei Magistrati ci mettono il naso, trovano cose poco chiare.

Penso alla mia università. Il piano edilizio prevedeva opere faraoniche, torri altissime, una monorotaia interna ad Ecotekne. Mentre gli studenti passavano da 30.000 a meno di 20.000. Per fortuna alcune di queste follie sono state bloccate. La ragione di chi le propose fu che “davano lavoro”. Già, diamo lavoro con appalti edilizi, ma poi quel che si realizza viene davvero utilizzato? Non voglio rifare l’elenco delle opere faraoniche solo in campo universitario che hanno comportato investimenti di milioni e milioni di euro e che sono poi fallite. Affiancandosi al filobus e a molto altro.

Per fortuna il Rettore riesce, con l’aiuto dell’onorevole Rocco Palese, a far arrivare i fondi per la manutenzione dell’esistente, quelli bloccati da incomprensibili intransigenze (nel paese delle mille proroghe). Perché i soldi per fare nuove opere ci sono sempre, mentre vengono a mancare la sana utilizzazione del realizzato e la manutenzione. Questo è quel che vedo da troppo tempo.

Aver denunciato questi comportamenti, senza la nota di speranza finale, mi ha alienato le amicizie. Me ne sono fatta una ragione. Appena arrivato qui ricevetti una raccomandazione per un esame. Me la fece proprio chi avrebbe dovuto vigilare perché non me ne venissero fatte. Una bravissima persona, premuroso e gentile. Voleva solo “aiutare” il figlio di un “amico”. Se non ci si aiuta tra “amici”! E così sarei subito anche io entrato nella schiera degli “amici”. Non mi sarebbe costato nulla accontentarlo, ma la sola idea di raccomandazione mi ripugnava, e glielo dissi. Ricevetti una seconda raccomandazione, da un altro esponente di spicco dell’Università che si faceva da tramite per un’altissima carica dello stato. Era una bellissima studentessa, la raccomandata. La rividi in seguito durante i miei viaggi a Roma, anche lei in viaggio. La interrogai in modo MOLTO approfondito e rispose benissimo a tutte le domande. Meglio di tutti gli altri. Così alla fine le dissi: ma che bisogno c’era di farsi raccomandare? Dopo due giorni ricevo una telefonata irritatissima di chi me l’aveva raccomandata. Io ridevo. Di solito li boccio, i raccomandati. Ma questa volta ho dovuto arrendermi, era davvero brava e non ho consentito che la tua raccomandazione la danneggiasse. Dopo questi due episodi non ho più ricevuto raccomandazioni, e vivo in una bolla di indifferenza. Non sono affidabile. Perdo ogni battaglia locale e oramai mi sono arreso. Mi consolo a livello nazionale e internazionale, dove le cose spesso funzionano in modo differente. Intendiamoci, ho conosciuto e conosco persone che non ragionano con la logica dell’amico. Ci sono anche qui. Non le cito perché associarle al mio nome non sarebbe conveniente. Sono la speranza di questa terra. Cerco di insegnare questo ai miei studenti, oltre alla zoologia e alla biologia marina. Ma per contare dovrebbero associarsi, in modo da fare fronte comune. E torneremmo alle confraternite. La cultura però evolve, per forza di cose. Se l’efficienza e la professionalità, a tutti i livelli, non sostituiscono le amicizie, non si va lontano. Oppure si rimane nel piccolissimo cabotaggio del paesone ancorato a modalità tribali della gestione della cosa pubblica. Che poi è quello che accade a livello nazionale, con i vari “cerchi magici” di cui si attorniano i potenti. Per 20 anni siamo stati governati dall’espressione politica di una loggia massonica occulta, la P2. Ce l’abbiamo nel sangue. In tutta Italia, non solo qui. Ed è per questo che il paese affonda nella inefficienza. Ci vuole una bella trasfusione di sangue e non bisogna arrendersi mai. Nel mio piccolo, cerco di lavorare globalmente per cambiare localmente, navigando costantemente in direzione ostinata e contraria, contro l’inimicizia degli “amici degli amici”. Ma pronto a riconoscere i loro meriti, se li hanno.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, sabato 22 aprile 2017]

 

Questa voce è stata pubblicata in Sociologia e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *