Le basse calosce

di Evgenij Permjak

Ahi!… Non non avrei mai voluto raccontarvi questa bruttissima storia delle basse calosce, successa soltanto pochi giorni fa nell’anticamera del nostro grande appartamento, in cui abitano tante brave persone e cose. Sono costernato che ciò sia potuto davvero accadere proprio nella nostra anticamera.

La storia ebbe inizio da cose futili. Un’inquilina del nostro appartamento, chiamata da tutti noi zia Luša, aveva portato dal mercato una borsa piena di patate. Arrivata a casa, la aveva messo per terra nell’anticamera, vicino all’attaccapanni, ed era andata via.

Prima di andarsene, zia Luša lasciò la borsa della spesa vicino alle calosce. Ad un tratto si udì un saluto gioioso: «Buongiorno, care sorelline!»

Secondo voi chi e chi aveva salutato in questa maniera?

No, no… Non lambiccatevi il cervello, tanto non indovinereste lo stesso. Era il saluto delle grosse Patate rosa alle nuove Calosce di gomma.

«Come siamo felici di incontrarvi di nuovo, care sorelline!» – gridavano, interrompendosi l’un l’altra, le Patate dalle facce tonde.

«Come siete belle! Ma quanto siete brillanti e lucenti!»

Le Calosce, dando un’occhiata sprezzante alle Patate, brillando con superbia per lo smalto, risposero alquanto rudemente: «Primo, non siamo affatto vostre sorelle. Noi siamo fatte di gomma e lacca. Secondo, abbiamo in comune con voi, semmai, solo qualche vocale nei nomi. Terzo, non abbiamo alcun desiderio di conoscervi e di parlarvi!»

Le Patate, sconvolte dall’altezzosità delle Calosce, tacquero. A questo punto al posto loro si mise a parlare un Bastone.

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