a cura di Gigi Montonato
Nel giro di pochi anni abbiamo perduto due riferimenti importanti della nostra repubblica delle lettere, Mario Marti e Donato Valli. Lei, Professore, si può dire rappresenti la generazione successiva, che sta in mezzo tra una formidabile stagione, che annoverava anche Aldo Vallone e Oreste Macrì, e quella che verrà dopo, forse ne siamo già dentro. Quale è il ruolo che hanno svolto questi maestri?
In effetti, Mario Marti e Donato Valli sono stati due maestri dell’italianistica dell’Ateneo salentino. Non a caso, abbiamo dedicato a entrambi l’ultimo fascicolo della rivista “L’Idomeneo” che raccoglie gli Atti di due Seminari svoltisi lo scorso anno. Il primo, Marti, ha fondato lo studio della Letteratura italiana a Lecce su basi rigorosamente scientifiche seguendo una precisa metodologia di ricerca. Il secondo, Valli, ha introdotto lo studio della Modernità letteraria, verso la quale Marti era piuttosto diffidente. Entrambi hanno avuto il merito inoltre di studiare e valorizzare il patrimonio culturale di una regione, il Salento, quasi del tutto trascurato dalla nazione, cercando di imporlo all’attenzione generale. Io ho avuto la fortuna di conoscerli, di seguirli, di frequentarli a lungo, da quando mi iscrissi alla Facoltà di Lettere e filosofia fino alla loro scomparsa. Mi laureai con Valli con una tesi sulla poesia del Novecento, della quale Marti era il correlatore, e quest’ultimo, nel 1982, ospitò il mio primo volumetto, Bodini prima della “Luna”, nella collana “Minima” da lui diretta per le edizioni Milella di Lecce. Essi infine hanno fondato una “scuola”, della quale facevano parte anche altri due studiosi scomparsi, Gino Rizzo e Antonio Mangione. Questa “scuola”, alla quale mi onoro di appartenere, continua ad operare con serietà nel nostro Ateneo sulla strada da loro tracciata anche attraverso alcuni ricercatori più giovani. E qui mi piace citare Marco Leone, allievo di Gino Rizzo, Fabio Moliterni e Simone Giorgino, miei allievi.
Molto interessante l’intervista rilasciata dal prof. Lucio Antonio Giannone, che mette l’accento sulla situazione di emarginazione ~ esclusione degli autori meridionali e pugliesi in particolare. Anche se bisogna osservare che, grazie all’impegno profuso, da 40 anni ormai, dal professore ed ora continuato dai suoi alunni, la situazione è molto cambiata e poeti come Bodini o Comi, tanto per fare dei nomi, o scrittori come Saponaro o Durante, ormai hanno una loro notorietà in campo nazionale ed estero. Lo stesso, purtroppo, non si può dire di altri autori pugliesi, non salentini, che ancora sono scarsamente noti: mi riferisco ai poeti tarantini Pierri o Spagnoletti o agli scrittori Viola o Forleo, o ai poeti foggiani Serricchio o Fraccacreta o alla scrittrice Di Lascia.
Lecce ha potuto contare sulla sua università e sulla preziosa opera di Giannone, altrove c’è ancora molto da fare per colmare il vuoto e spostare in avanti la linea della conoscenza e favorire l’azione di penetrazione dei nostri esponenti letterari.
Comunque, una parola desidero spendere in favore dell’intervistatore che, con acutezza e competenza, ha toccato i punti nevralgici e stimolato adeguatamente
il professore.