di Paolo Vincenti
“Ma non ho niente contro quelli per bene che fanno sempre quello che conviene
È che mi chiamo Bastiano e non sono Mario e quindi passo la mano e chiudo il sipario”
(“Bastiano” – Gino Paoli)
“Mostri di ritorno, assassini seriali, veti incrociati, corrotti e corruttori
Ahhh… dimmi se è questo, fra consimili, il migliore dei mondi possibili
Dimmi se il Fuoco potrà incendiare questa loffa società
Fuoco dal fuoco – Forgia, Efesto, una nuova umanità
Ragazze cattive, bambole e pistole, maghi, santoni e file all’ospedale
Ahhh… dimmi se questo non è l’Eldorado che sognavi insieme a me
Dimmi se l’Acqua potrà annegare questa stanca civiltà
Acqua dall’acqua – Poseidon modella una nuova umanità
Giudici venduti, criminali in libertà, furti, violenze e varie bestialità
Ahhh… dimmi se questa non è la Città ideale per te
Dimmi se l’Aria potrà assiderare questa guasta civiltà
Aria dall’aria – Eolo soffierà una nuova umanità
Abusi edilizi, colpi di Stato, traffico degli organi, sistema malato
Ahhh… dimmi se, fra dare e avere, il bilancio si potrà far quadrare
Dimmi se la Terra potrà sprofondare questa fiacca civiltà
Terra su terra – Impasta, Gea, una nuova umanità”
Ogni giorno che Dio manda in terra, in cui mi tocca imprunarmi nel ginepraio di abiezioni che è la presente società, benedico e maledico al tempo stesso la mia stella. La maledico, perché mi costringe al contatto con tanta imbecillità, con i porci miei simili e con i loro schizzi di fango che mi fanno ritornare a casa la sera inzaccherato e maleodorante. La benedico, perché le atrocità degli implumi abitatori della terra, le pillacchere degli stolti, le ottusità degli ignoranti, empi, puttani, fanno secernere la mia bile corrosiva che, con uno scatarro catartico, nei miei cazziatoni, mi aiuta ad eliminare le tossine e a vivere meglio. La violenza dei rabbuffi infatti è proporzionale alla loro forza liberatrice. L’invettiva insomma, come contravveleno all’omicidio. Quale maggiore valenza, per chi scrive, ha la satira, che nasce dal riso e induce al riso? La satira mi permette di guardare con la lente del Giovenale, del Marziale, dell’Aretino, i miei consimili, coi loro vizi e le loro porcherie. Mai chiamandomi fuori, ma sempre con l’intento di emendare prima me.