Utopia o Ideale Storico Concreto secondo Jacques Maritain
di Cosimo Scarcella
È ormai da decenni che si ostenta e si esalta il fenomeno progressivo della globalizzazione, intesa e accolta soprattutto come la realizzazione d’una meta vagheggiata e da tutti agognata dopo i tragici eventi, che avevano segnato la prima metà del secolo scorso: era finalmente possibile sentire e desiderare il globo terrestre come casa e patria comune abitata da tutti gli uomini in comunanza intenzionale di sentimenti di cooperazione attiva e intelligente. S’immaginava, così, raggiunto e realizzato il vecchio progetto prospettato e proposto a suo tempo da Immanuel Kant (1724-1804): l’umanità s’incamminava costruttivamente verso una globalizzazione anche politica, cioè s’orientava verso la realizzazione d’una società umana, che sarebbe stata sostanziata e sorretta da valori umani autentici, accolti da tutti e unanimemente rispettati e vissuti con crescente consapevolezza, in quanto sarebbero stati salvaguardati e garantiti da un’autorità politica federale planetaria, che avrebbe dato all’antico principio di sovranità nazionale senso vero e significato nuovo, tale che avrebbe permesso per tutta l’umanità grande benessere economico e sicuri percorsi di felicità anche morale. Questo auspicio formulato da Kant fu gravemente smentito dagli avvenimenti del XIX secolo, che, al contrario, vide il perseguire e il consolidarsi della sovranità nazionale dei singoli stati, intenti o a riprendersi il ruolo perduto o a inventare stratagemmi per ampliare il loro campo d’azione o anche solo per salvaguardare e consolidare il loro influsso. La storia registra e documenta gli effetti: la prima metà del secolo scorso fu teatro di due guerre disumane e del radicarsi di autoritarismi tirannici, che, auto-investitisi d’un potere dittatoriale assoluto, credettero loro missione spargere ovunque e indiscriminatamente sangue, creare e preservare la razza pura, privilegiando il superuomo, annientare ogni diversità, difendere il potere e la potenza nazionali.