La tragedia del riduzionismo scolastico

di Ferdinando Boero

Seicento professori universitari scrivono una lettera dove lamentano le carenze linguistiche dei giovani italiani. Fanno errori da terza elementare, dicono. Sono professore universitario anche io, e confermo che ci sono studenti che non sanno scrivere. Ma posso testimoniare che ce ne sono di formidabili, che scrivono meglio di molti miei colleghi e che sanno fare cose che io non so fare; con un computer, per esempio. E’ difficilissimo fare generalizzazioni. La mia impressione è che la scuola fornisca le competenze e abilità necessarie, ma che mandi avanti gli studenti anche se non le acquisiscono. Sono stato rimandato ogni anno, a partire dalle prima media, e bocciato due volte al liceo. Ora non succede più. Non ho mai dimenticato quando ero dall’altra parte e vedo cosa succede ora. Noto nei miei studenti un’ignoranza abissale in campo scientifico, questo sì. Da una quindicina d’anni chiedo: bevete un litro d’acqua e poi fate la plin plin, che strada ha fatto l’acqua? Oramai ho fatto il test su migliaia di studenti. Non lo sa nessuno, alla faccia di “conosci te stesso”. Non sanno come funziona il corpo umano. E scommetto che non lo sanno neppure molti dei firmatari dell’appello. Per rispondere alla domanda della plin plin bisogna conoscere molti apparati (digerente, circolatorio, respiratorio, escretore), e bisogna sapere qualcosa di metabolismo cellulare e un po’ di sistema nervoso. Tutta roba che si insegna, a scuola. Ma per capire la plin plin bisogna mettere assieme tutte queste cose, passando da un approccio riduzionistico (le parti isolate della conoscenza) ad un approccio olistico (le parti lavorano assieme), in modo da individuare le proprietà emergenti del sistema: il tutto è più della somma delle parti. La tragedia vera è questa: le materie. La suddivisione del sapere in compartimenti stagni, e la mancata abilità nel connettere tra loro le informazioni, per trasformarle in conoscenza. Solo dopo ho capito perché andavo male a scuola: volevo capire, e loro mi chiedevano di ricordare. I bambini che vivono in ambienti stimolanti parlano in modo sorprendentemente complesso e competente, applicano regole che non conoscono. I programmi scolastici sono talmente stracolmi di informazioni spezzettate da rendere difficile l’assimilazione di quel che si impara. Questo non affligge solo l’insegnamento della lingua italiana ma tutti i processi di apprendimento. I ragazzi non hanno mai scritto tanto come oggi. Scrivono sms con i telefoni, e su Facebook, e Twitter, e in altri modi che spuntano ogni giorno. Certo, per far presto scrivono xché invece che perché. Orrore. I congiuntivi… i nostri politici da sempre parlano in modo incomprensibile, e scrivono leggi incomprensibili, inutilmente complesse e con un linguaggio allucinante. La burocrazia ci opprime. Il biglietto si oblitera, la spazzatura si conferisce, e siamo vessati da decine di supercazzole inutilmente ampollose. Ora bisogna trovare un compromesso dalla semplicità epigrafica della comunicazione veloce e la vacua ridondanza di dotti epigoni dal facile periodo ciceroniano.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, martedì 7 febbraio 2017]

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