Zibaldone galatinese (Pensieri all’alba) XXII

di Gianluca Virgilio

Debiti. Eugenio Occorsio, Il debito mai così alto nel mondo, paura per il big bang, ne “La Repubblica-Affari e Finanza” del 25 giugno 2018, p. 1, scrive: “Il mondo vive sovrastato da una montagna di debiti. Dei governi, delle famiglie, delle imprese, di banche e assicurazioni: 237 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari secondo l’Institute of International Finance di Washington, pari al 318% del Pil mondiale (dal 278 del 2007). Un po’ meno, 164 trilioni per il Fondo Monetario Internazionale, “appena” il  245% del Pil. Cifre da record, che quasi non si riesce a immaginare.”

La mostruosa grandezza del debito mondiale è la prova migliore degli effetti deleteri della mostruosa grandezza della diseguaglianza economica. Debito è il participio passato del verbo latino debeo, io devo. Il debito è ciò che è dovuto a qualcuno da parte di qualcun altro. C’è chi è privo di qualcosa, che chiede in prestito (pagando gli interessi) a qualcun altro, che invece possiede non solo il necessario, ma anche un surplus che può dare a credito e sul quale otterrà un ulteriore guadagno. Pertanto, quanto più grande è il debito tanto più grande è la diseguaglianza tra gli uomini. Governare il mondo oggi significa governare il debito, il che vuol dire governare la diseguaglianza tra gli uomini. Il primo pensiero del governante è come fare in modo che il rapporto creditore-debitore non degeneri a tal punto da sconvolgere l’ordine del mondo. Questa è la ragione per la quale molti super ricchi sono molto preoccupati per il crescere della diseguaglianza (ovvero per il crescere del debito). Infatti, il timore di non avere indietro i soldi prestati è  tutt’uno con il timore che un’eccessiva diseguaglianza possa portare alla rivolta sociale. Si vedano, per esempio, le dichiarazioni di Warren Buffett (ha un patrimonio di quasi 80 miliardi di dollari), che chiede per i più ricchi più tasse. Non è mica matto! Lo fa per interesse privato!

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La bellezza, secondo Giacomo Casanova, della mia vita II, Mondadori, Milano 1999 (IV ed.), p. 622: “… quanti hanno parlato della bellezza hanno sempre fatto discorsi tortuosi mentre avrebbero dovuto limitarsi a descriverla con le parole di cui si servivano i greci e i latini: forma. La bellezza è quindi nient’altro che forma per eccellenza. Ciò che non è bello, di conseguenza, non ha forma: in effetti, deformis era il contrario di pulchrum o formosum. Per l’ordinario è giusto cercare per ogni cosa una definizione, ma quando questa definizione è nel nome stesso, perché cercarla altrove? Se la parola forma è una parola latina, atteniamoci al significato latino e non a quello francese. I francesi usano spesso déforme nel senso di brutto, senza accorgersi che il contrario di déforme deve essere una parola che indica la presenza di una forma, la quale non può che essere la bellezza. E si noti che anche informe, in francese come in latino, significa privo di figura: qualcosa, cioè, che non ha sembianza.”

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