Il tasso di Lambrate

di Gianluca Virgilio

Quell’anno il cielo di Lombardia sembrava essere immune da qualunque perturbazione. Le nuvole passavano minacciose al di là delle Alpi, dirette verso l’Europa centrale, e le previsioni giorno dopo giorno confermavano l’alta pressione che dalle Azzorre faceva sentire i suoi effetti fino a Milano. Un sole primaverile, troppo caldo per la stagione ancora invernale – si era alla metà di febbraio -, riscaldava la pianura del Po, dove il paesaggio appariva pervaso da un’aura irreale e crudele.

Il giorno in cui accadde questa storia era stato il più caldo degli ultimi anni, con temperature che avevano superato i venti gradi, ed era stato preceduto da una serie di giornate luminose e assolate, sicché il terreno piantato a pioppi nei pressi di Lambrate, poco distante dalla linea ferroviaria, si era notevolmente riscaldato. Verso le tre di notte, il tepore penetrato attraverso l’humus del sottobosco, trenta centimetri sotto la superficie del suolo, aveva risvegliato un certo appetito in un tasso che in quel luogo si era rintanato qualche mese prima, per sfuggire alle prime gelate di novembre, e fino ad allora era rimasto lì tranquillo, sonnecchiando in attesa della primavera. Ma la primavera doveva essere arrivata, e conveniva abbandonare lo stato di sonnolenza simile a un letargo, per non morire di fame. Allora, il tasso si era fatto largo coi suoi unghioni appuntiti tra le foglie macere e il terriccio umido che ostruivano l’uscita dalla tana, aprendosi un varco nel materiale che lui stesso aveva accumulato qualche mese prima per mettersi al riparo dai rigori dell’inverno. Lì i rumori della città giungevano appena, filtrati dallo spesso strato di foglie che l’autunno aveva depositato nel sottobosco. Il tasso ancora un po’ stordito avanzava tra sterpi e arbusti secchi, pronto a riprendere le consuete attività. All’improvviso udì un fischio lancinante che lo svegliò del tutto incutendogli una grave paura. Era il treno in corsa sui binari che avvertiva del suo passaggio la stazione poco distante. Il risveglio non poteva essere peggiore.

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