di Gianluca Virgilio
Pubblicare. A proposito di questo Zibaldone galatinese, il diario che tengo da qualche anno, come ho già detto, si sta rivelando per me molto utile. Infatti, non faccio altro che attingere ai miei quaderni, dai quali estraggo il materiale che, a distanza di tempo, mi sembra di maggior interesse pubblico. E siccome il diario è scritto di getto, currenti calamo, e dunque vi è depositato molto materiale grezzo di nessun interesse, lo seleziono e, una volta estratto, lo raffino: preciso il pensiero, curo il lessico, tornisco la frase, finché non risulti chiaro quel che è scritto, tanto che possa essere pubblicabile, cioè letto da tutti. L’atto del pubblicare è per me un atto tutto intrinseco alla scrittura, poiché presuppone in me che scrivo la fiducia nella possibilità che il mio pensiero possa incontrare ed essere il pensiero degli altri. Il pensiero infatti non è mai solo, ma, quando non sia vaneggiamento, è pensiero di tutti.
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La vita. Definizione della vita come stato transitorio, perennemente rigenerantesi, ovvero in continua incessante trasformazione, determinato da un passaggio dal nulla da cui proveniamo verso il nulla verso cui andiamo. Dal nulla al nulla: proprio nel mezzo c’è la vita (la vita come intermezzo) e, con la vita, la coscienza dell’essere vivente che si ritrae davanti alla propria morte, al nulla, senza tuttavia riuscire a sottrarsi all’ineluttabile metamorfosi che proprio lì lo conduce. La coscienza è figlia della paura del nulla da cui veniamo e del nulla verso cui andiamo. Tutti gli esseri viventi sono uguali in questo ritrarsi davanti al nulla, a cui oppongono il proprio adattamento, la propria trasformazione, le proprie passioni, quasi nel disperato tentativo di ingannare la metamorfosi suprema che avviene al momento della morte. Così sempre vince il nulla, ma dopo epiche battaglie trasformistiche dell’essere vivente, il quale alla fine prende coscienza che le sue passioni non hanno fatto altro che illuderlo e consumarlo.