di Antonio Errico
Abbiamo avuto poeti e narratori straordinari, qui, in Salento, nel secolo passato. Capaci di mettere a soqquadro i canoni acquisiti, di scombinare le formule, di trascurare tutte le possibili leggi del mercato, di tenersi accuratamente lontani da tutti quei luoghi in cui si decidevano le fortune letterarie, di starsene abbracciati ai tronchi degli ulivi, alle torri, alle scogliere. Solitari o compagnoni d’osteria. Provinciali orgogliosi di esserlo, innamorati della marginalità, della periferia, degli argini frananti dei giorni, animali da tana, creature alle quali bastava soltanto sentirsi scorrere l’inchiostro nelle vene.
Non si può dire che siano stati trascurati. Anzi, in alcuni casi, amici appassionati sono riusciti perfino a trasformarli in figure di mito.
Però, quasi sempre, ci mancavano i loro testi.
Per esempio: per molti anni abbiamo sognato ad occhi aperti un’edizione delle poesie di Girolamo Comi e di Vittorio Pagano, e mentre si sognava ciascuno allestiva la propria raccolta personale, usando antologie, pagine di rivista, ritagli provenienti da occasioni varie. Le poesie di Vittorio Bodini, sì, ce l’avevamo. Ma per gli altri due, che con Bodini hanno fatto la storia letteraria del secolo passato, non si poteva fare altro che sognare. Adesso possiamo anche orientare il sogno soltanto sull’edizione completa delle opere di Antonio Verri, perché in una collana curata da Antonio Lucio Giannone per Musicaos, sono uscite sia le poesie di Comi, a cura dello stesso Giannone e di Simone Giorgino, sia quelle di Pagano, a cura di Giorgino. Edizioni finemente lavorate, dalle quali è possibile ricavare definitivamente un giudizio che afferma esplicitamente –o ribadisce- la consistenza poetica dell’uno e dell’altro. Messe insieme con l’opera bodiniana, alla quale Lucio Giannone per anni si è particolarmente dedicato, costituiscono la dimostrazione della significatività che ha avuto la letteratura del Novecento salentino. Finalmente adesso si può inequivocabilmente sostenere che la definizione di “autori salentini”, indica esclusivamente e correttamente una condizione di provenienza, di appartenenza, un profilo di identità. Non è un perimetro, non è un confine. E’ un riferimento alla dimensione storica, geografica, antropologica nella quale la loro letteratura si è generata e si è sviluppata.