di Rosario Coluccia
Un collega mi racconta questo aneddoto. In una classe di liceo un professore scrive alla lavagna la frase «Una donna senza un uomo non è niente». Mancano i segni di punteggiatura, senza i quali la sequenza di parole può prestarsi (come vedremo) al dubbio di differenti interpretazioni. Per dimostrare concretamente quanto importante sia l’interpunzione, il professore invita i suoi studenti, ragazze e ragazzi, a riscrivere la frase apponendo i segni di punteggiatura necessari a fugare ogni possibile equivoco interpretativo. I ragazzi scrivono: «Una donna, senza un uomo, non è niente»; le ragazze invece punteggiano in tutt’altro modo: «Una donna: senza, un uomo non è niente». Diversamente interpunte, le due frase esprimono concetti diametralmente opposti, sono una il contrario dell’altra. Non so se l’episodio è vero o inventato. Quale che ne sia la genesi, reale o fittizia, dice molte cose. Per un verso, fa capire che la differente utilizzazione della punteggiatura riflette l’ideologia e la visione radicalmente diversa del rapporto tra i sessi che ragazzi e ragazze esprimono. Su un piano più generale, suggerisce che senza il corredo di un adeguato uso della punteggiatura la medesima frase può prestarsi a interpretazioni assai dissimili, addirittura opposte.