di Antonio Errico
Si dice che sia necessario, che sia indispensabile guardare sempre avanti, ed è vero. L’esistere si realizza nel vedersi sempre oltre il tempo in cui si è. I progetti si fanno guardando avanti, scrutando gli orizzonti, immaginando – fantasticando anche – quello che sarà, il modo in cui sarà il tempo a venire, il modo in cui saremo nel tempo a venire. Avanti è il luogo del desiderio, della promessa, del richiamo affascinante, seducente. Avanti è il tempo da esplorare, da conquistare, istante per istante.
Però, è inevitabile guardare anche indietro. Perché indietro è il luogo in cui si è realizzato quello che abbiamo, in cui è maturato il nostro essere come siamo. Indietro è la casa del padre, della madre. Quindi il luogo della storia. Indietro è il luogo in cui si è compreso quale fosse la strada da fare per arrivare al punto in cui si è arrivati, forse anche quale sia la strada da fare se si vuole ritornare al punto da cui si è partiti: perché talvolta accade che si voglia ritornare. Indietro è il tempo del racconto profondo e della parola essenziale, dell’entusiasmo e del sogno ad occhi chiusi e aperti. Forse indietro è anche il tempo della nostalgia, che però è ricompensata da una, come dire? da una specie di soddisfazione per quello che si è riusciti a fare. Per l’altro, per quello che non si è riusciti a fare, non ci può essere nessuna nostalgia. C’è rammarico oppure indifferenza. Si dice: poteva andare diversamente da come è andata. Oppure si dice: è andata così. Basta.