di Paolo Vincenti
Vietato andare in a col burkini! Questa intemerata del Sindaco di Nizza sta facendo il giro del globo mediatico. Posto che un provvedimento come questo è figlio della reazione emotiva all’attentato di luglio a Nizza da parte dell’Isis, l’opinione pubblica si divide fra chi è favorevole al provvedimento e chi invece lo avversa. Ed anche in Italia tutti a leticare fra chi vorrebbe fare una statua al Sindaco di ferro (il Sindaco, di ferro, non la statua! Quella, semmai, di bronzo!), barbugliando che è ora di finirla con questi fanatici jiiadisti, che devono andare fuori dai nostri civilissimi paesi con la loro tradizione di oscurantismo e misoginia, e chi invece dà addosso al Sindaco fascista e xenofobo. L’uzzolo del Primo cittadino di Nizza certo vellica la pancia dello scontento che alligna fra la popolazione di tutta Europa, di fronte (o dovremmo dire “frontex”) alle massicce ondate di arrivi di profughi, e della strisciante paura per il diverso, della reazione emotiva succedanea alle stragi, che porta a far di tutta l’erba (islamica) un fascio (terrorista). Intanto, la polizia francese inizia ad elevare le prime sanzioni contro le donne musulmane che trasgrediscono il divieto; in spiaggia, insomma, le islamiche devono spogliarsi come le occidentali, non è ammesso che in nome della religione vadano così “indecentemente” coperte. Ragioni di sicurezza pubblica si intrecciano con motivazioni estetiche, questioni politiche con fattori culturali, in un guazzabuglio antropologico, etico e sociologico. Il provvedimento del Sindaco di Nizza non è nuovo né originale, occorre dire, perché pioniere in questo campo era stato il leghista Gianluca Buonanno (da poco scomparso), che da Sindaco di Varallo Sesia (Vicenza) aveva adottato sulle sue spiagge analogo provvedimento, come ricorda Alessandro Perissinotto nel suo articolo “Il divieto di burkini non riduce l’asservimento delle donne”, pubblicato su “Il Messaggero” del 18 agosto 2016.