di Rosario Coluccia
La scorsa settimana ho introdotto un tema che ha suscitato un certo interesse tra i lettori: nell’italiano contemporaneo si va estendendo l’uso del “tu” anche tra interlocutori che non si conoscono (o si conoscono poco) e quindi dovrebbero avere relazioni formali (commesso e cliente, venditore e acquirente, ecc.). È normale questo uso crescente del “tu”? Come va giudicato il fenomeno?
Non sono il primo a trattare la questione. Alcuni mesi fa apparve su «la Repubblica» un bell’articolo di Umberto Eco, che riferiva un episodio a lui capitato. Scriveva: «In un emporio mi sono visto (io quasi ottantenne e con barba bianca) trattato col “tu” da una sedicenne col piercing al naso (che non aveva probabilmente mai conosciuto altro pronome personale), la quale è entrata gradatamente in crisi solo quando io ho interagito con espressioni quali “gentile signorina, come Ella mi dice…”. Deve aver creduto che provenissi da Elisa di Rivombrosa , tanto mondo reale e mondo virtuale si erano fusi ai suoi occhi, e ha terminato il rapporto con un “buona giornata”», rinunziando al “ciao” che usa abitualmente.