di Francesco D’Andria
quest’ anno i mesi estivi hanno, per me, un sapore di novità. Per più di trenta anni, da luglio a settembre, sono stato impegnato nella direzione della Missione Archeologica Italiana a Hierapolis in Turchia: una straordinaria esperienza di vita e di ricerca in uno dei siti più belli del Mediterraneo, che si è conclusa con il passaggio della direzione a Grazia Semeraro, una mia allieva che ora tiene la cattedra a Lecce.
Tra le cose a cui avevo dovuto rinunciare con rammarico era proprio il Festival della Valle d’Itria a Martina: ora finalmente mi si offriva la possibilità di partecipare e la sua 45° edizione presentava un programma di grande interesse. Non potevo mancare l’Ecuba di Manfroce, una riscoperta, con i suoi eroi omerici: il mese scorso avevo visitato il nuovo Museo di Troia, ed ancora viva era l’emozione suscitata dal sarcofago in marmo di Polissena, un capolavoro della prima età classica, scoperto di recente dagli archeologi turchi durante lavori edili, con la rappresentazione della principessa troiana, sgozzata davanti al tumulo di Achille, e la vecchia Ecuba accovacciata e chiusa nel suo dolore.
Il 2 agosto mi attendeva Orfeo, un capolavoro del 1736 di Nicola Porpora, composto quando la Cultura in tutta Europa parlava italiano e la Scienza latino. Sto scrivendo proprio in questi giorni, per una rivista di Parigi, un lavoro sulla scoperta a Hierapolis della Porta degli Inferi e della statua colossale di Plutone, e nel mio testo ricorrono i nomi di Cerbero, Persefone, Hades. Il ritorno impossibile da quella Porta è stato un tema costante in tutte le arti dell’Occidente, anche nel cinema: solo Orfeo, l’archetipo di ogni creazione musicale, poteva varcarla. Dopo Monteverdi e Gluck mi interessava il modo in cui Porpora aveva trattato il mito del cantore di Tracia; non era per me un ostacolo affrontare le quattro ore di macchina per andare e tornare da Lecce a Martina. Un viaggio pomeridiano di avvicinamento, sino all’ingresso della città, che orgogliosamente rivendica il titolo di Città del Festival, con l’emozione di un imminente incontro, ed infine nell’atmosfera festosa di una città piena di gente, in fila davanti al Palazzo Ducale.