di Guglielmo Forges Davanzati
L’ultimo Rapporto SVIMEZ restituisce una fotografia drammatica dell’economia del Mezzogiorno, soprattutto con riferimento alla condizione giovanile e al continuo aumento delle emigrazioni intellettuali. Vanno via dal Sud giovani istruiti, che trasferiscono il loro potenziale produttivo in altre regioni (non solo al Nord, ma anche all’estero), con rimesse di segno negativo. L’esito è nefasto sotto due punti di vista.
Primo. la ripresa dei flussi migratori dal Mezzogiorno costituisce un trasferimento netto di produttività verso le aree centrali dello sviluppo capitalistico.
Secondo. Questo trasferimento, che si attua mediante flussi migratori di giovani scolarizzati, si associa inevitabilmente all’invecchiamento della popolazione residente. Per la prima volta nella sua Storia – se si fa accezione delle epidemie (quella del colera del 1867 e dell’influenza spagnola del 1918) – a partire dal 2012 il numero di morti ha superato, nelle regioni meridionali, il numero di nati vivi.
Si stima che dal 1981 il Mezzogiorno ha perso circa 51mila residenti. Dal 1971 Napoli ne ha persi 270mila e Bari si è contratta, per numerosità di residenti, di circa il 17% negli ultimi trent’anni.
E’ difficile ipotizzare che una macroarea popolata da individui di età elevata – e l’età elevata si associa, per molte mansioni, a una bassa produttività – da microimprese con scarsa o nulla propensione alle innovazioni possa attivare endogenamente un percorso di crescita.