di Franco Melissano
Quella gattina era sempre stata la disperazione di mamma gatta fin dai primissimi giorni di vita. Mai che restasse con i suoi fratellini nei diversi nascondigli dove lei li spostava sistematicamente non appena venivano visti dai ragazzi della fattoria o da qualche animale.
Tra tutti i gattini della cucciolata era la più piccola e la più irrequieta, sempre pronta ad allontanarsi dal gruppo e a correre dietro a qualunque cosa si muovesse.
Alla fine dell’allattamento era un batuffolino di peli da cui spuntavano due occhietti curiosi del mondo, ma tuttavia si muoveva agile e veloce. Si scelse come territorio la fascia di terra incolta tra i campi della fattoria e il bosco.
Dopo pochi mesi era diventata una bellissima gattina con una stupenda lunghissima coda che le dava un’aria raffinata e di razza.
Il giovane nibbio l’aveva adocchiata fin dal primo giorno in cui aveva delimitato il suo territorio di caccia tra la radura, il bosco, la vecchia torre e il fiume.
Ormai, grazie agli insegnamenti di mamma e papà falco, era in grado di cacciare da solo e in breve tempo era diventato abilissimo. Ispezionava il terreno attentamente, planando in larghi giri anche a quote abbastanza basse. In certi momenti, equilibrandosi con coda e ali, restava immobile, come sospeso per aria; poi, all’improvviso, si gettava in picchiata sulla preda a velocità sbalorditiva. Per la lucertola, il colubro, la rana o il roditore di turno, non c’era scampo.