di Ferdinando Boero
Ogni anno otto milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, e probabilmente è una sottostima: si prevede che a breve il numero aumenterà di venti volte. Noi vediamo la macro-plastica, poi ci sono le micro-plastiche: derivano dallo sfaldamento delle macroplastiche, ma molte sono prodotte già in minuscole dimensioni, e si trovano nei tessuti, nei cosmetici. Poi, con le fognature, finiscono in mare. Il problema è ben definito. Sappiamo che non è possibile togliere le microplastiche, e che la rimozione delle macroplastiche galleggianti può dare problemi: come separarle dagli animali che con esse condividono lo spazio marino? La soluzione del problema non è in mare, è a terra. Ed è la stessa che viene in mente quando qualcuno, vedendo una spiaggia sporca, dice: perché non puliscono? Si deve rispondere con un’altra domanda: perché sporcano? Certamente dobbiamo pulire, rimuovere, ma questo non cura la malattia, ne allevia solo i sintomi. Prima che Natta ponesse le premesse per la plastica, e donasse un Nobel al nostro paese, le cose erano di vetro, carta, legno, metallo, pelle. Dire che una cosa era di plastica, per un po’, significò che era fasulla, finta. Frank Zappa, che già aveva capito tutto, parlò di “gente di plastica”. La soluzione è semplice: come la plastica ha sostituito molti materiali, ora deve essere sostituita con materiali che non abbiano le sue controindicazioni. Magari tornando a quelli di prima, o inventandone di nuovi, tenendo conto delle possibili implicazioni negative. Non possiamo continuare a risolvere problemi con soluzioni che alla fine sono peggiori dei problemi che hanno risolto! Se smetteremo di buttare la plastica in mare (smettendo di utilizzarla) quella che c’è affonderà, sarà inglobata nei sedimenti, e i geologi del futuro la troveranno in un sottile strato che marcherà l’età breve della plastica. È proprio questa la logica della sostenibilità: pensare alle conseguenze ambientali di ogni nostra impresa. Non è sostenibile usare un bicchiere di plastica nel tempo di bere un bicchier d’acqua e poi imporlo all’ambiente, e a nostri discendenti, per l’eternità. Prima come macroplastica e poi come microplastica.
Passiamo al benaltrismo, il mare ha ben altri problemi: riscaldamento globale, distruzione delle popolazioni naturali con i prelievi industriali, distruzione degli habitat, inquinamento. La plastica è molto visibile: la vediamo e ci preoccupa. Ma ci sono minacce invisibili ben più gravi. Quanti pesticidi usati in agricoltura arrivano in mare? Non lo sappiamo e non li vediamo. Il rischio è che si pensi che la plastica sia il problema numero uno, e che non ci sia il problema numero due. Mentre la plastica è solo un pezzo del problema inquinamento, ed è il più facile da risolvere: basta smettere di usarla. Come abbiamo fatto con l’amianto!
[“Il Secolo XIX” di domenica 23 giugno 2019]