di Rosario Coluccia
Nella veste di linguista, vengo chiamato in causa (insieme ad un collega sociologo, Mario Spedicato) da un art. di Ettore Bambi apparso nel « Nuovo Quotidiano» di ieri, 7 ottobre. Bambi è stato comprensibilmente colpito dalla reazione che si è scatenata in rete contro Roberto Benigni, reo di aver dichiarato che voterà “sì” al referendum del 4 dicembre. I dati sono impressionanti. Sui primi 100 commenti, 8 erano nella sostanza favorevoli alle opinioni di Benigni, 15 erano contrari: sin qui nulla di male, in un caso e nell’altro, la libertà di opinione è la conquista più importante che la società garantisce all’individuo (insieme alla libertà dal bisogno). Ma fa rabbrividire che 77 commenti (la grande maggioranza) erano brevissimi e contenevano solo insulti: pagliaccio, o buffone o giullare (12); venduto (13); misero (2); da prendere a calci…(3); da sputargli in faccia (1); verme (3); figlio di… (2); bastardo (2); squallido (4); schifoso (5); sieroso (1); virus toscano (1). È giusto chiedersi cosa succeda nella rete e perché tanta gente, invece di ragionare, preferisca insultare.
Chiariamolo subito. L’insulto è insulto, da chiunque venga e a chiunque sia rivolto, con qualsiasi mezzo. Generosamente Bambi chiama in causa le parolacce (pipì, cacca, ecc.) con cui i bambini piccoli si divertono quando scoprono certe funzioni del corpo. Ma poi, a 5 o 6 anni, la smettono e i loro divertimenti diventano più maturi. I bambini non c’entrano, siamo fatti male noi adulti (non tutti, per fortuna).
La volgarità dilaga nei film, negli spettacoli televisivi, penetra nel parlare (e nello scrivere) dei nostri tempi. Qualcuno si è divertito a contare le cosiddette parolacce presenti in un film americano che ha avuto molto successo anche da noi, Il lupo di Wall Street di Martin Scorsese (2013). Nell’originale inglese la parola fuck (che traduciamo ‘vaffa…’) è usata 506 volte: il film dura quasi tre ore, in media 3.16 ‘vaffa…’ al minuto. Se aggiungiamo le altre parolacce del film (il lettore mi scuserà se rinunzio a elencarle) raggiungiamo 569 casi di male parole, record mondiale meritevole dell’Oscar (il primo così raggiunto da Leonardo di Caprio, protagonista del film… L’Oscar “vero” l’ha ottenuto solo nel 2016).