di Rosario Coluccia
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Qualche sera fa ero nel centro di Lecce. Folle di fronte a Santa Croce, le guide spiegano e illustrano, i turisti ascoltano e naturalmente fanno mille foto con il telefonino. Sento risuonare pronunzie di regioni del sud, del centro e del nord Italia, frasi in lingue straniere si diffondono qua e là. Il plurilinguismo mi piace, l’ho detto altre volte, segnala l’incontro tra genti diverse. La città è animatissima, constato di persona quanto in queste settimane leggiamo e ascoltiamo nelle cronache dei media: tanti turisti italiani e stranieri scelgono il Salento per le loro vacanze. Va bene, ovviamente, anche se non tutto è semplice, il cambiamento comporta impegno. Classe dirigente e singoli cittadini, siamo chiamati a gestire l’importantissima partita: sviluppo sostenibile, come si usa dire, a cominciare dalle forme esterne e dal decoro. L’accoglienza si accompagni all’osservanza delle regole del vivere associato: tutti, abitanti del posto e turisti, si sappiano comportare. Centri abitati, strade, spiagge e campagne non siano luoghi sporchi e disordinati, profitto economico e bellezza debbono coesistere. Benissimo ha fatto «Nuovo Quotidiano» a scrivere in prima pagina, il 19 agosto, «Sole, mare vento e spazzatura: sulle strade il peggio del Salento»; e a insistere nel giorni successivi, non bisogna tacere. Non va molto meglio nel capoluogo, specie nelle periferie: la città è sporca. E spesso non va meglio in altre località del Salento, sono sporche. Tutto questo non succede a caso, le cause si individuano facilmente. Inciviltà dei singoli, certo; ma anche negligenza di chi dovrebbe pulire e menefreghismo di chi dovrebbe controllare, nonostante le tasse della TARI, altissime per il servizio reso. Non cito episodi incivili cui ho assistito di persona. Di questo parleremo, forse, in un’altra occasione.