di Guglielmo Forges Davanzati
Il centro studi di Confindustria ha recentemente certificato un tasso di crescita dell’economia italiana prossimo allo zero, in linea con quanto previsto dai maggiori centri di ricerca, non solo italiani. La diagnosi di Confindustria attribuisce la recessione prevalentemente alla caduta della domanda interna e, in seconda istanza, alla flessione delle esportazioni nette. La caduta della domanda interna viene imputata all’aumento dei risparmi per scopi precauzionali, per far fronte a eventi futuri incerti, mentre la contrazione delle esportazioni viene fatta dipendere dal crollo del commercio internazionale.
Va precisato che l’economia italiana è di fatto in una traiettoria recessiva da molti anni (alcuni analisti datano il cosiddetto declino economico italiano all’inizio degli anni novanta) e il principale indicatore riguarda il continuo calo del tasso di crescita della produttività del lavoro, peraltro quasi sempre inferiore alla media europea quantomeno nell’ultimo decennio.
La bassa crescita della produttività del lavoro è fondamentalmente imputabile al calo degli investimenti pubblici e privati. Proviamo a capire perché ciò è accaduto, a partire da alcune considerazioni sulle recenti vicende della nostra economia.