La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni

di Ferdinando Boero

Greta come Grillo, come Gore (Al) e Carson (Rachel, non Kit), e il MIT dei Limiti della crescita, per non parlare di Francesco (che chiede la conversione ecologica). Gore, assieme al panel degli scienziati che studiano il clima, l’IPCC, ha anche preso il Nobel per la Pace, quello che ora vogliono dare a Greta, e persino l’Oscar. E i grandi del mondo? Ma anche loro sono d’accordo! Non fanno che firmare trattati a partire dal 1992, quando fu firmata la Convenzione Internazionale sulla Biodiversità, a Rio de Janeiro, città del Carnevale, appunto. Dice il proverbio: la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni. L’inferno è quello che stiamo preparando per le Greta di tutto il mondo, con fredda determinazione, incuranti della logica. Tutti sono d’accordo che non si può andare avanti così, ma tutti vogliono la crescita economica. Non riescono a capire che se qualcosa cresce allora qualcosa decresce. Cresce il capitale economico a scapito del capitale naturale. Ma questa è un’esternalità, qualcosa da tenere fuori dalle analisi costi-benefici. Se si parla della distruzione dell’ambiente si è contro il progresso. I paesi ricchi non vogliono rinunciare ai propri privilegi, e quelli poveri vogliono svilupparsi. Ci dicono: voi state bene perché avete distrutto le risorse naturali, e ora dite a noi che dobbiamo essere responsabili? 

E così nessuno si ferma. I paesi ricchi hanno determinato questa situazione. E sono i primi a dover trovare rimedi, visti i vantaggi che ne hanno ricavato. Il primo rimedio si chiama innovazione tecnologica. Dobbiamo progettare in modo diverso, mettendo l’ecologia avanti all’economia: la conversione ecologica di Francesco. Ora si devono dismettere molte piattaforme petrolifere e centrali nucleari. Quando sono state progettate non si è tenuto conto dei costi di dismissione e, per le centrali nucleari, neppure delle tecniche di dismissione. Oggi progettare deve rispondere, prima di tutto, a questa domanda: che ne faremo di queste cose una volta che non le useremo più? Prima non ce ne rendevamo conto, e abbiamo riempito il mondo di spazzatura, dalla plastica alle scorie nucleari, ai fertilizzanti e ai pesticidi, alle fogne e ai rifiuti industriali. Tra poco toccherà ai pannelli fotovoltaici. Ora ci rendiamo conto che ripulire ha un costo e che non abbiamo abbastanza soldi (e tecnologie) per farlo. Inquinare è economicamente svantaggioso, solo che i costi li pagano gli stati, mentre i privati incitano a perseguire la crescita (spesso con fondi pubblici). Dobbiamo sviluppare nuovi modi di produrre e consumare. Il secondo rimedio, oltre all’innovazione tecnologica, consiste nel fermare la crescita demografica: il pianeta non può sostenere un numero infinito di umani, non è un concetto difficile da capire. La crescita economica e demografica non può continuare all’infinito. In questo noi occidentali siamo responsabili: il benessere non fa fare dodici figli. La bomba demografica si disinnesca condividendo il benessere su scala planetaria. C’è moltissimo lavoro da fare, e non è semplice. Chi pone il problema (da Greta al Papa) non ha le competenze per trovare le soluzioni, ed è assurdo che si chieda a loro cosa fare per rimediare. Il problema è che nessuna forza politica, oggi, mette questi problemi al primo posto. Tutti vogliono la crescita. Passata la festa, il santo sarà gabbato, e domani parleremo d’altro. Quanti gol farà Ronaldo? Toninelli ha sbagliato un congiuntivo! Le Greta italiane, e i loro compagni maschi, che partito voteranno quando saranno chiamati a scegliere i loro governanti? Quali forze politiche mettono questi problemi al primo posto? Comunque possiamo stare tranquilli per il destino della natura. Noi non siamo il pericolo per la natura, noi siamo in pericolo! Vincerà lei, se non la rispetteremo. Il conto sta arrivando e gli anziani si aspettano che sia Greta a pagarlo. 

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di sabato 16 marzo 2019]

 

Nulla può crescere all’infinito

Un luogo comune dice che siamo di passaggio e che dobbiamo lasciare il mondo in condizioni migliori di come l’abbiamo trovato. Noi “grandi” possiamo giudicare se il mondo è migliorato: ricordando quando eravamo ragazzi, possiamo fare un paragone guardando il mondo oggi con l’esperienza dei “grandi”. Si vive molto più a lungo, le cure mediche sono molto avanzate e le speranze di vita sono maggiori, oggi. Ma l’ambiente? Quando ero bambino facevo la raccolta di farfalle. Ce n’erano tantissime, di tante specie. Oggi non avrebbe senso raccoglierle: si trovano solo cavolaie. Per i ragazzi di oggi le farfalle quasi non esistono. Come non esistono le lucciole. Da ragazzo andavo in moto, e la visiera del casco, in primavera, si riempiva di insetti. Lo stesso avveniva ai parabrezza delle auto. Oggi non più. Sulla spiaggia raccoglievamo i vetri colorati, erosi dal mare. Ora c’è la plastica. La salute è migliorata, l’ambiente è peggiorato. Ho scelto di occuparmi di ambiente e di mare, e ho la possibilità di dire qualcosa con cognizione di causa, non solo con le impressioni che ho appena raccontato. Il cambiamento climatico che sta trasformando la natura attorno a noi lo ha causato la mia generazione, e abbiamo riempito il mondo di veleni e di plastica. Ê vero, siamo più sani, oggi, ma l’ambiente è malato. Abbiamo cementificato e asfaltato il paese intero, e continuiamo. Se il mondo che ricevi è in un certo stato, ti pare che sia quello lo stato normale. Non hai termini di paragone. Se non hai mai sperimentato la bellezza di prati pieni di insetti, non puoi sapere cosa hai perso. E lo stesso vale per un mare pieno di pesci. Non sono nostalgie dei bei tempi andati: se n’è andata la natura! Oggi, in pescheria, la gran parte dei pesci è di allevamento, oppure vengono da fuori. Ancora possiamo mangiare le acciughe nostrane, ma i pesci più grossi non si trovano quasi più, e costano tantissimo. Non ce ne sono più perché la mia generazione ha sviluppato tecnologie di pesca efficientissime. É aumentato il capitale economico (i soldi guadagnati pescando i pesci) ma si è eroso il capitale naturale: i pesci! Questo è l’errore più grave, quello che i giovani non devono perdonarci. Certo, lo abbiamo fatto per loro, per migliorare le loro condizioni. Potremmo dire che non lo sapevamo, ma non è vero! Alcuni di noi lo dicono da sempre, senza essere ascoltati. Abbiamo continuato a chiedere il “progresso”, la “crescita”, incuranti della devastazione della natura. Lasciamo un mondo più ricco, forse, ma senz’altro più brutto. E chi viene dopo di noi non può neppure sapere cosa gli è stato tolto. 

Stiamo continuando a perseguire questo modello scellerato. E una ragazzina, Greta Thunberg, diventa l’emblema dei giovani che ci incolpano per la nostra follia. Non ha ancora diritto di votare, forse non sa cosa vuole ma sa cosa non vuole. Non vuole che si continui così, vuole altro. E sarà lei a dover risolvere i problemi che abbiamo creato noi, perché noi ci ostiniamo a non capire. Vuole altro, qualcosa di differente. Vuole essere sana, e in questo la medicina aiuta. Ma che senso ha avere mezzi potenti per curare malattie sempre più frequenti? Non possiamo essere sani in un ambiente malato. Se distruggiamo la natura non ci sono medicine che ci possono curare. Intanto Francesco emana un’Enciclica che chiede la conversione ecologica. Ha capito che abbiamo sbagliato e chiede altre strade. Gli altri, però, continuano a volere la crescita, confondendola con lo sviluppo. Ogni essere si sviluppa ma, arrivato a maturità, smette di crescere. Nulla può crescere all’infinito. Se si continua a crescere si diventa obesi. Noi adulti non siamo riusciti a cambiare questa rotta. Ora tocca a voi riuscirci. Perché noi stiamo pensando di risolvere il problema trasferendoci su altri pianeti! 

[“Il Secolo XIX” di domenica 17 marzo 2019]

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