di Paolo Vincenti
« Femmena,
tu si ‘a cchiù bella femmena,
te voglio bene e t’odio
nun te pozzo scurdà… »
(“Malafemmena” Totò- Teddy Reno)
Dorian Gray
Uno sparo nella notte, nella sua stanza fatta a specchi, in cui si riflettevano le tante donne della vita di Dorian Gray. Predizione di morte. Nomen omen: che assurdo presagio in quello pseudonimo. Rotto ormai il patto con Venere e passata per sempre la stagione dell’amore, la stagione della belle vie, finito il tempo dell’incanto, quando lei, la malafemmena, entrava ogni notte nei bei sogni degli italiani, diavolo e acqua santa, angelo e tentazione, la dimenticata giovinezza di soprassalto, ecco, le gioca un macabro scherzo… e si rompono gli specchi che rimandano un’immagine sempre troppo deformata, sempre molto diversa da quella cercata, l’immagine di quell’unica donna mai trovata… un grido nelle “notti di Cabiria” rompe l’incanto, manda in frantumi quell’illusione di ieri, il sogno dell’eterna bellezza e la perduta giovinezza di soprassalto, ecco, le gioca l’ultimo scherzo. Nella sua casa arredata per piacere, Dorian Gray muore, e con lei se ne va l’ultima testimone di una dolce età, quella delle vacanze romane, del boom economico, miracolo italiano e prosperità, quella delle procaci bellezze mediterranee e delle irresistibili tentazioni, delle decappottabili sulla strada per il mare… nella sua vita arredata per piacere, Dorian Gray muore… “ahhh dolce vita che se ne va, sul lungotevere in festa…”.
Liberamente ispirato alla vita di Maria Luisa Mangini, Dorian Gray, scrissi questo brano in occasione dalla morte violenta della sua protagonista. L’attrice infatti, che aveva scelto come nome d’arte proprio quello del famoso personaggio di Oscar Wilde, nel 2011, ad 83 anni, si sparò un colpo in testa nella casa in cui viveva a Torcegno, in Trentino. La Mangini era stata protagonista di molti film, fra gli anni Cinquanta e i Sessanta, come “Accidenti alle tasse!!”, “Anema e core” , “Lo sai che i papaveri”, “Totò lascia o raddoppia?”, “Totò, Peppino e la… malafemmina”. E proprio quest’ultimo film le valse il famoso appellativo che era stato pure al centro della famosa canzone del “Principe” Totò De Curtis. Indimenticabile il film con Totò e Peppino De Filippi in cui Dorian Gray faceva perdere la testa al nipote dei due fratelli Caponi distogliendolo dallo studio, ed esilarante la scena in cui i due fratelli decidono di scrivere una lettera alla signorina per indurla a mollare il giovane, un pezzo della storia del cinema italiano di tutti i tempi. Fra le altre sue interpretazioni, “Totò, Peppino e i fuorilegge”, “Le notti di Cabiria” di Federico Fellini, “Il grido” di Michelangelo Antonioni, “Domenica è sempre domenica”, “Il mattatore” di Dino Risi, ecc. Nel mio brano immaginavo che l’attrice, ribaltando la trama del romanzo di Oscar Wilde, guardasse il proprio ritratto, fermo immutabile nello splendore dei vent’anni, quello dell’attrice bionda e formosa che tutti gli italiani hanno amato, mentre invece il suo corpo continuava ad invecchiare e a consumarsi sotto la lima incessante dell’età, e non potesse accettare la lenta trasformazione, il trascolorare di tutte le cose. In effetti la Mangini si ritirò prestissimo dalle scene, già alla fine degli anni Sessanta aveva messo fine alla propria carriera. Non so perché si sia suicidata, probabilmente era malata da tempo, ma io ho pensato che ella, avendo ormai perso la bellezza, non arrendendosi allo scorrere inesorabile del tempo e alla dura legge del destino, invece di mandare in frantumi il ritratto, sparò a sé stessa.
Il 6 gennaio di quest’anno ci ha lasciato anche Silvana Pampanini, attrice di grande successo negli anni Cinquanta e Sessanta. Di una bellezza giunonica, fu un vero sex symbol del suo tempo, rivaleggiando con Silvana Mangano e Lucia Bosè e facendo innamorare moltissimi uomini, fra cui Omar Sharif, Orson Welles, addirittura il re Faruq I d’Egitto. Fra i suoi film, ricordiamo: “La paura fa 90”, “Processo alla città”, “Miracolo a Viggiù”, “La tratta delle bianche”, di Luigi Comencini, “La presidentessa”, di Pietro Germi, “Viva il cinema!” di Enzo Trapani, “47 morto che parla” con Totò, e “Bellezze in bicicletta”, in cui cantava la celebre omonima canzone. Era diplomata al conservatorio in pianoforte e canto ma invece di seguire la carriera musicale entrò nel mondo del cinema, che si era accorto della sua bellezza mediterranea e del suo volto espressivo in occasione della sua partecipazione al concorso di Miss Italia. La Pampanini in effetti ebbe anche un flirt con Totò ed io ero sicuro che la canzone “Malafemmena”, fosse dedicata a lei. Ma leggendo le sue notizie biografiche in occasione della morte, ho scoperto che la canzone in realtà era stata dedicata dal comico napoletano alla prima moglie Diana, fonte la biografia di Totò scritta dalla figlia Liliana De Curtis (riportata da “Wikipedia”). Che delusione. E pensare che proprio la Pampanini lo ha sempre lasciato credere. Ricordo infatti una vecchissima intervista a “Domenica In” nella quale l’attrice, intervistata da Mara Venier, affermava ciò, o meglio, non smentiva, abbozzava. Insomma, ‘a malafemmena chi era davvero? La Pampanini, come attrice, riempiva lo schermo e pur non dotata di un enorme talento era davvero molto brava, sebbene snobbata dalla critica. Fra gli altri film, “L’incantevole nemica”, “Un giorno in pretura” di Steno, “Il terrore dei mari”, “Il gaucho”, di Dino Risi, “Mondo pazzo… gente matta!”, ecc. Ormai avanti negli anni, anche la Pampanini si era ritirata dalle scene e le sue comparse in pubblico si erano molto diradate. Poi un blocco renale l’ha portata via a 90 anni. I funerali si sono svolti l’8 gennaio nella Basilica di Santa Croce a Via Flaminia a Roma, con grandissima partecipazione di gente ed è sepolta a Roma presso il Cimitero Flaminio. Pampanini e Mangini: due donne belle e talentuose accomunate da un medesimo destino, nel segno della “malafemmena”.
Marzo 2016