di Andrzej Nowicki
Franco Lombardi (Napoli, 1906 –Roma, 1989), Direttore dell’Istituto di Filosofia dell’Università di Roma. Amicizia pluriennale. Presente alla mia conferenza sul pluralismo metodologico di Giordano Bruno (Roma, 14 gennaio 1964). Incontro a Varsavia il 21 giugno 1965; incontro 16-23 settembre 1973 a Varna, al XV Congresso Mondiale di Filosofia.
Scambi epistolari. Da lui, su mia richiesta, suggerimenti bibliografici per studiare la storia dell’ateismo in Italia; omaggio di molti suoi libri.
Dei suoi scritti mi hanno colpito anzitutto due pensieri: il modo di intendere la distinzione tra il pensiero pensato e il pensiero pensante, e la dichiarazione ergantropica sulla copertina di uno dei suoi libri: “Questo libro sono io”. Apprezzo molto la sua storia della filosofia italiana.
Oggi, 22 febbraio 2007, ho riletto il suo libro Il concetto della libertà (Asti 1955, pagg. 190) regalatomi trent’anni fa dall’Istituto Italiano di Cultura. Ho voluto verificare a quale pagina batte il cuore di questo libro. Ho trovato subito un brano che conferma la mia opinione che Lombardi è uno di quei pensatori che in ogni libro sanno inserire almeno un pensiero insolito.
Non so, però, se la metafora del cuore vale anche in questo caso. Forse è meglio riservarla per i libri in cui il pensiero più penetrante occupa il punto centrale della problematica trattata e vivifica col suo sangue il significato di altre pagine. In questo libro il pensiero che ho trovato non appartiene al problema della libertà, ma segnala una scoperta psicologica che dovrebbe essere fondamento di un altro libro di importanza incomparabilmente maggiore. Preferirei dunque creare un’altra metafora meglio adatta a caratterizzare questo libro. Sabbie del deserto che nascondono una inaspettata ma meravigliosa oasi.
Che il libro sia pieno di sabbie non è colpa di Lombardi ma della problematica del libero arbitrio, creata da false premesse. Lombardi si rende conto della falsità di queste premesse e, smascherandole, favorisce la dissipazione in sabbia dei castelli di sabbia. Ma, ad un certo momento, quando scrive che “pensa”, questa parola manifesta una potente forza di ispirazione a porre una domanda: quale significato ha la parola “pensare”? Il tentativo di rispondere causa un miracolo. Dalle sabbie del deserto emerge un’oasi: una grande scoperta.
Da questa scoperta, dalla pubblicazione del libro di Lombardi nel quale era nascosto un tale tesoro sono passati più di cinquant’anni. Cinquant’anni di silenzio completo di opere filosofiche e psicologiche sulle pagine di Lombardi che descrivono e spiegano il processo del pensare.
Sembra dunque che queste pagine siano state scritte per un solo lettore, quello che sarà capace di trovarle ed apprezzarne importanza e profondità.
Carissimo Lombardi, Tu le hai scritte per me! Ma dimmi, perché quarantadue anni fa, telefonandomi che eri a Varsavia nell’albergo “Bristol” e che volevi parlare con me…poi durante la lunga conversazione sui problemi filosofici non mi facesti neppure un accenno a questa scoperta?
Purtroppo lo so. Per certi problemi bisogna maturare per scorgerli (Trzeba dojrzeć, żeby dojrzeć).
“Il pensiero – ha scritto Lombardi – consiste nel passaggio e per così dire nel ponte fra ciò che or ora abbiamo detto e ciò che stiamo per dire. La difficoltà della rappresentazione sta in ciò che il ponte non viene lanciato fra due termini come se questi preesistessero, ma questi vengono in un certo senso posti, o creati, insieme con il loro rapporto […] Il pensiero è nella forza onde si viene producendo il filo, e direi quasi si viene filando il seguito del proprio discorso, è in questo stare con un piede in ciò che or ora si è detto e con l’altro nella parola che si sta per dire ma che non si è ancora pensata. Non bisogna rappresentarsi il nostro pensiero quasi un giuoco di cubi, come un susseguirsi di parole staccate e per sé già compiute: io scelgo una parola, ne prendo un’altra e le metto insieme. No, non possiamo scegliere le parole, per la semplice ragione che le parole esistono in quanto le abbiamo pensate. Non possiamo rappresentarci perciò la cosa come se un individuo entrasse in una camera con un lumicino acceso, scegliesse per terra le parole e le mettesse insieme […] non possiamo prima cercare e poi pensare. Dove veramente pensiamo, in tanto pensiamo in quanto il soggetto procede costruendo a se stesso la sua propria strada” (pagg. 59-60). “Non possiamo pensare […] se non in quanto siamo presenti nel nostro pensare” (pag. 64). “Lo stesso vale per il pittore, o per il musicista” (pag. 66).
Ma che cosa significa “essere presente nel mio pensare”? Lombardi non lo spiega e in tale situazione sono costretto a costruire il mio modo di intenderlo.
“Io” sono presente nel mio pensare
- quando penso con le “mie” parole che porto in me stesso con tutti i significati che si sono formati e stratificati in una lunga serie di esperienze di tutta la mia vita, e non con le parole trovate nel dizionario o prese dalle altre persone (con il loro modo di intenderle).
- Quando nel mio pensare due parole si incontrano, l’incontro trasforma l’una e l’altra. Non rimangono tali, quali furono prima di incontrarsi. Questa è, secondo me, la grande scoperta di Lombardi. Non sono le parole che creano il pensiero, ma al contrario, il pensiero crea le parole perché le vecchie sono trasformate dall’incontro in nuove parole che prima non esistevano (nel senso che non avevano in sé il significato inserito in esse appunto da questo atto di pensare).
- La mia interpretazione del concetto del “pensiero” è dunque una interpretazione ergantropica ed incontrologica (ma quale altra poteva essere?). Ricordo i miei incontri con i pensieri dell’Italia Pensante per sviluppare, approfondire, perfezionare il mio sistema filosofico, esaltando la loro forza di mettere il mio cervello in movimento.
Se mi si chiedesse “quale movimento?” risponderei con le parole Motus ad rem (Le mouvement vers l’oeuvre, “Kairos”, 12, Toulouse 1998, pagg. 71-83).
[“Presenza taurisanese” anno XXXVI n. 11 – Novembre 2018, p. 11]