Per una scienza nuova: l’economia ecologica di Ferdinando Boero

di Gianluca Virgilio

Sono passati quattro anni da quando Ferdinando Boero, biologo marino dell’Università del Salento, ha pubblicato il suo ultimo libro Ecologia ed evoluzione della religione (Controluce, Nardò, 2008), che faceva seguito al suo primo libro di divulgazione scientifica, Ecologia della bellezza(Besa, Nardò, 2006), entrambi da me recensiti unitariamente su “Il Paese Nuovo” di giovedì 8 ottobre 2009.

In questi anni Boero ha pubblicato numerosi articoli sul “Nuovo Quotidiano di Puglia”, ripresi poi, per gentile concessione dell’autore, in www.unigalatina.it, il sito ufficiale dell’Università Popolare “Aldo Vallone” di Galatina; articoli molto utili al lettore per i temi vari che vi sono trattati: dalla biodiversità al clima, dall’università alla ricerca scientifica, dalla salvaguardia della natura all’agricoltura, per dirla in compendio, dall’ecologia all’economia.

L’ultimo lavoro di Boero, Economia senza natura. La grande truffa, Codice Edizioni, Torino 2012, pp. 241, può essere racchiuso proprio entro questi due termini, dall’economia all’ecologia. Dai suoi articoli per il “Quotidiano” il pensiero dello studioso genovese (ma leccese di adozione) appariva già sufficientemente chiaro; ma dal libro esso esce rafforzato, avendo acquistato in sistematicità, cosicché anche quegli articoli ora ne risultano illuminati.

 “L’ecologia, etimologicamente, studia la casa e con il termine casa ci si riferisce all’ambiente… L’economia, invece, studia le regole della casa. Le regole si pongono dopo che si è capito come funziona un sistema…” (p. 44).

Il problema nasce dal fatto che le regole economiche odierne non tengono in alcun conto le esigenze di funzionamento del sistema (la natura), anzi, sembrano mirare proprio alla sua distruzione. La bestia nera, nerissima, di Boero è il tema classico degli economisti e di tutto il mondo politico che li sostiene: il totem della crescita, con il relativo tabù della recessione. Bisogna crescere, crescere all’infinito, mai smettere di crescere. Ma come si fa a crescere all’infinito, chiede Boero, in un sistema naturale finito? La ragione dovrebbe suggerire ai nostri economisti (e ai loro politici di riferimento) che questa è una contradictio in terminis, foriera solo di sventura per l’umanità. Ed invece no, il pensiero dominante, ovvero il liberismo selvaggio, si ostina a teorizzare una crescita inarrestabile del PIL che, prima o poi, avrà come conseguenza la distruzione della nostra casa comune, la natura.

Che cosa si può opporre a un pensiero economico così nefasto? Solo la conoscenza dell’intelligenza ecologica.

Intendiamoci: se Boero, con questi suoi libri divulgativi, è uscito fuori dal recinto un po’ stretto dell’accademia, ciò è accaduto perché col termine ecologia egli non intende un sapere specialistico parcellizzato e settoriale, bensì un sapere che riguarda tutta la nostra casa e che risulti determinante nelle scelte che gli uomini dovranno fare per salvaguardarla dall’imminente catastrofe. Che la società contemporanea stia vivendo una sorta di “rivoluzione”, un vero e proprio “cambio di paradigma” (p. 184), su questo non ci sono dubbi: “Probabilmente siamo al culmine della nostra parabola”, scrive a p. 238. Ecco perché occorre inventare una scienza nuova, che sia in grado di dare un indirizzo ad un rapporto uomo-natura che va deteriorandosi ogni giorno di più. Questa nuova scienza si chiama “economia ecologica” (“L’economia ecologica deve essere ancora inventata”, scrive a p. 170), ovvero un’economia rispettosa dell’ambiente e ancilla dell’ecologia (“Il Ministero dell’Ambiente deve diventare più importante di quello dell’Economia”, tuona Boero a p. 237). Solo così l’uomo dimostrerà di non essere “scemo” (p. 216 e poi p. 233), come oggi indubbiamente appare. Di qui il ruolo centrale che nella società moderna deve giocare il sapere e la funzione che deve essere attribuita all’università e alla ricerca scientifica, oggi mortificate da una politica economica che trova i soldi per costruire due sedi per il G8, ma non trova i soldi per le borse di studio degli studenti. Solo il sapere potrà salvarci dalla nostra scemenza, ossia dal nostro correre verso il baratro. Con ciò Boero ci appare come l’ultimo riformatore illuminato dalla luce della ragione, vox clamantis in deserto, in un mondo dominato dalla corruzione e dal malaffare, degni compari del liberismo senza regole. Si legga quanto egli scrive contro Umberto Veronesi, le cui dichiarazioni a favore del nucleare appaiono alquanto sospette (vedi pp. 225 e segg.).

Tutto il libro è una lunga puntuale requisitoria contro la malafede o la stoltezza degli uomini, che si compendia nella visione antropocentrica del mondo, cui Boero oppone, nello spirito più autentico dell’illuminismo, un piano di riforme, un vero e proprio decalogo che va a ridefinire quello che già leggemmo a conclusione del suo già citato Ecologia ed evoluzione della religione. Lì riportava i tredici comandamenti che gli aveva suggerito MAE, uno spirito polinesiano, qui i comandamenti corrispondono alle necessarie conclusioni dell’opera e costituiscono un’anticipazione del prossimo libro che Boero ci promette, tutto dedicato alle soluzioni che intende proporre ai vari problemi esposti.  In sintesi, lo studioso ridisegna il governo della nostra casa comune, dando poteri forti al Ministero dell’Ambiente (sovraordinato rispetto a quello dell’Economia), della Bellezza, del Gusto, della Pace, della Logica, e soprattutto immaginando “uno stato che faccia funzionare bene le cose” (p. 237). Egli è fiducioso che tutto ciò possa accadere e ci induce ad esserlo, sia pure in presenza di un quadro dipinto a tinte molto fosche. Noi, in conclusione, gliene siamo grati e, richiudendo il libro, ci auguriamo di leggere presto il prossimo, che sarà certamente il libro dell’annunciata catarsi.

[“Il Paese Nuovo” di venerdì 4 maggio 2012, poi in unigalatina, 4 maggio 2012]

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