In arte, Matilde Doré

di Paolo Vincenti

“Non ho frequentato l’Accademia”, mi dice Matilde Doré, quasi excusatio non petita, come a voler difendere il proprio mondo pittorico dalle grinfie degli addetti ai lavori, dei professionisti di settore, dei critici severi. La sua, infatti, è arte che nasce libera da costrizioni, non irreggimentata, non inquadrata in schemi e categorie precise, non omologata o piegata alle logiche di mercato. Già giornalista pubblicista e scrittrice, Matilde si è approcciata all’arte da poco tempo, con eleganza e discrezione, in punta di piedi, direi. Ha scelto questo nome artistico (ché il suo è Maria Rosaria Pascali) come omaggio a Gustav Doré, autore delle bellissime illustrazioni di una vecchissima edizione della Divina Commedia che chi ha più di quarant’anni magari potrà ritrovarsi nella propria libreria; Matilde invece è un nome celtico che significa “forte in battaglia”. La Doré dipinge prevalentemente ad olio su tela, ma non disdegna la tecnica mista utilizzando materiali come sabbia, pietre marine, stucco, pigmenti metallici e brillantini. “La mia preferita è la tecnica materico astratta”, sostiene Matilde, “mi piace sporcarmi le mani e far scivolare i colori sulla tela. Utilizzo materiali diversi e olio, tanto olio”. Per queste opere, potremmo inquadrarla nell’ambito della pittura informale, a metà fra gestuale, quando appunto fa colare i colori sulla tela, e materico, dove invece i materiali usati escono dalla superficie liscia del quadro, in sovrimpressione. Suoi referenti potrebbero essere Burri, Vedova, Bacci, e gli altri esponenti dell’arte informale italiana. Ma per restare a Galatina, il paese dove Matilde vive ed opera, è facile pensare che una certa influenza possa aver avuto su di lei l’amicizia e la frequentazione del pittore Luigi Latino, al quale infatti devo la conoscenza della Doré.  Isoggetti delle sue opere rimandano ad un mondo tutto suo proprio, in cui dominano le rappresentazioni della natura, una natura incontaminata e selvaggia, non imbrigliata. E poi gli animali: i cani, di cui Matilde è amante, tanto da divenire presidente di una locale sezione dell’Enpa, ed i gatti, che campeggiano spesso nelle sue pitture.  Fra i soggetti, anche paesaggi marini, donne. Si definisce un’artista controcorrente: “Ritengo che un artista non debba pagare per esporre le opere. Al limite dovrebbe essere proprio il contrario”, dichiara con piglio battagliero.  Molto influenzata dall’astrattismo, la sua cifra sembrerebbe un eclettismo non di maniera, ma spontaneo, genuino. Uno dei suoi ultimi dipinti è “La risalita”. In questo quadro, astratto materico con pietre marine e brecciolina, una donna risale dal baratro in cui è caduta. Ma, sono sicuro, tante altre opere seguiranno. Il presente per Matilde è una bella promessa, il futuro una scatola magica.

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