(A un anno dalla scomparsa di Donato Valli)
di Antonio Lucio Giannone
Uno dei filoni privilegiati della ricerca di Donato Valli è costituito, com’è noto, dalla cultura letteraria nel Salento di questi ultimi due secoli, studiata nei suoi rapporti con la letteratura italiana e, in taluni casi, europea. Il primo, importante con tributo in tale direzione venne offerto da un volumetto del 1971, intitolato appunto La cultura letteraria nel Salento 1860-1950 (successivamente ampliato e apparso nell’ ‘85, sempre per le edizioni Milella di Lecce, col titolo Cento anni di vita letteraria nel Salento (1860-1960)), nel quale, attraverso l’esame delle principali riviste, erano delineate le vicende letterarie di una provincia estremamente vivace e tutt’altro che isolata culturalmente, nonostante la sua marginalità geografica. Negli anni seguenti sono venuti numerosi studi sulle figure più rappresentative e su altri momenti di questa storia: dal profilo di Vittorio Bodini alla monografia su Girolamo Comi, del quale Valli ha pubblicato anche l’Opera poetica in edizione critica, dallo scavo sul secondo Ottocento all’indagine sulle riviste degli anni Cinquanta, quali “L’esperienza poetica” e “Il Critone”, ai più recenti saggi sulla poesia dialettale. Il risultato principale di questo intenso lavoro è stato quello di aver imposto all’attenzione nazionale una ‘Linea salentina’ della letteratura ottonovecentesca, che ha preso salda consistenza nella storiografia letteraria italiana, più orientata ormai verso una considerazione policentrica dei fatti culturali.
A conferma di questa ‘lunga fedeltà’ alla sua terra, mai venuta meno, esce ora un nuovo libro di Valli dedicato alla storia, all’arte, alla letteratura salentina, Aria di casa. Il Salento dal mito all’arte (Galatina, Congedo, 1994). Il volume raccoglie trentadue scritti composti tra il 1972 e il 1993, in parte già pubblicati e in parte inediti, ma la maggior parte di essi risale agli anni 1983-1992, durante i quali l’autore ha svolto la funzione di rettore dell’Università di Lecce. Ciò serve a spiegare il carattere particolare della pubblicazione, che riflette da vicino, nell’ampliamento delle prospettive culturali, nella passione civile che anima certe pagine, questo preciso momento della vita e dell’attività di Valli. Non si tratta infatti, come s’è detto, di un libro dedicato esclusivamente alla letteratura, anzi la novità maggiore di esso sta proprio nell’apertura ad altre discipline, quali l’archeologia, la storia, l ‘economia, l a politica, l ‘arte, tutte finalizzate alla conoscenza di aspetti particolarmente significativi della civiltà salentina.
Queste caratteristiche emergono soprattutto nella prima delle quattro sezioni nelle quali è suddiviso il libro, Mito storia retorica, che contiene alcuni dei saggi più originali. Si veda, ad esempio, il primo di essi, La tradizione messapica nella Letteratura, una illuminante rassegna delle interpretazioni che sono state date nel corso dei secoli, dall’Umanesimo ai nostri giorni, della misteriosa civiltà dei Messapi, gli antichi abitatori del Salento. Sfilano così gli scrittori che per primi si sono interessati ad essa, dal Galateo a l Ferrari, al Marciano, i quali miravano a rivendicare la nobiltà delle origini del popolo salentino, e i moderni studiosi che si sono occupati, con criteri sempre più rigorosi e scientifici, della lingua e della storia dei Messapi. E non mancano nemmeno i letterati che hanno ripensato a questa lontana vicenda: Gigli, Corvaglia, Bodini, Manna, De Rosa, Gatti. Così. pure un altro evento storico del Salento, che ha assunto connotazioni mitiche per la sua esemplarità, come l’epopea otrantina, viene affrontato da Valli nel secondo scritto, Arte come sublimazione del reale nei fatti di Otranto del 1480, attraverso la rielaborazione fantastica che di esso hanno fatto poeti e narratori di varie epoche, dal Pontano al Galateo, da De Dominicis alla Corti, a Nicola De Donno. In questa sezione si segnala anche, per la novità della sua impostazione, lo studio su L’età giolittiana in Puglia, nel quale l’autore si pone il problema della possibile omologazione tra il pensiero storico-politico-economico e la letteratura all’inizio del Novecento nella nostra regione, anche se deve ben presto riconoscere che “ancora una volta letteratura e pensiero sociale, ancorché motivati dalle stesse esperienze di vita, tracciano percorsi incompatibili, dissonanti” (p. 65). E questo egli puntualmente verifica analizzando le tesi dei principali politici ed economisti pugliesi del primo Novecento (Salvemini e De Viti de Marco) e le opere di alcuni scrittori coevi (Comi, Fallacara, Fiore).
Si rientra in un ambito più specificamente letterario con la seconda e la terza sezione del libro, intitola te rispettivamente I volti impressi e Salotto letterario. Qui Valli raccoglie una serie di prefazioni, introduzioni e presentazioni, composte per svariati scrittori salentini, le quali non hanno la pretesa di stabilire gerarchie o di dare precise indicazioni storiografiche ma soltanto di documentare l’attività svolta dallo studioso in questi ultimi anni. I “volti impressi” sono ovviamente quelli di letterati scomparsi più o meno di recente, rimasti vivi e impressi nella memoria. E questo è l ‘unico filo, in verità, che lega il maggiore poeta pugliese del Novecento, Bodini, di cui Valli esamina due prose rimaste a lungo inedite, a due scrittori meno noti come F. Colamussi e C. Fornaro e a tre giovani poeti morti prematuramente, come S. Torna, S. Coppola e L. De Donno.
La terza sezione, intitolata, come s’è detto, non senza un pizzico d’ironia, Salotto letterario, presenta invece nove poeti (G. Bernardini, P. Pellegrino, W. Vergallo, M. Siciliano Insalata, L. Macculi, A. D’Elia, E. Miglietta, Padre Gregorio D’Ostuni, E. G. Caputo) e un prosatore (G. Pellegrino) tuttora in attività. “Esercizio d i scrittura” definisce lo stesso autore queste sue prove critiche, a indicare un abbandono, anche in funzione liberatoria dalla pressante attività amministrativa, ai piaceri della scrittura, che a tratti sembra quasi svincolarsi dagli obblighi referenziali e acquistare una completa autonomia. E a questo proposito occorrerà notare la· qualità tutta letteraria della prosa di Valli, sapientemente modulata, ricca di immagini e duttile, talvolta, fino al compiacimento virtuosistico.
Ma questi scritti costituiscono anche dei raffinati ‘esercizi di lettura’, nei quali spicca la capacità di penetrazione umana e letteraria al tempo stesso del critico, sulla linea derobertisiana-ermetica di una ‘collaborazione’ alla poesia, più che di una sua esterna e oggettiva valutazione. In queste pagine Valli procede infatti a un’auscultazione dei più sottili moti dell’animo, stabilendo un intimo colloquio con l’autore esaminato, ma, quando il testo glielo consente, conduce anche approfondite analisi dello stile, scavando nella tecnica espressiva, analizzando figure retoriche, valori fonici, combinazioni ritmico-semantiche, secondo le più aggiorna te metodologie formalistiche. E basti citare lo studio, davvero esemplare in tal senso, sulla poesia dialettale di Erminio C. Caputo. L’ultima sezione, Tra laboratori e officine, comprende dieci scritti dedicati ad altrettanti pittori e scultori salentini, scomparsi (V. Ciardo, M. Massari, N. Della Notte, A. D’Andrea ) e tuttora operanti (L. Suppressa, L. Mandorino, N. Sisi:nni, L. Spanò, S. Spedicato, E. Fasano). Si va dallo studio sui carteggi alla presentazione in catalogo, dalla ‘testimonianza’ al ‘profilo’, ma tutti stanno a dimostrare la costante attenzione prestata dallo studioso alle vicende artistiche, viste spesso in rapporto con quelle letterarie. E ciò che emerge in effetti, in alcuni di questi interventi, è proprio quello stretto legame tra scrittori e artisti, che è uno dei da ti distintivi della vita culturale leccese e salentina del Novecento. Di particolare rilievo, a questo riguardo, sono il saggio sul rapporto tra Comi e Ciardo, i quali sono accomunati, secondo il critico, dalla concezione del paesaggio come “espressione dell’anima”, e quello intitolato Una costellazione per Nino Della Notte. In quest’ultimo Valli, convinto della sostanziale unitarietà della cultura salentina, individua cinque caratteri comuni ad artisti e scrittori di questa terra (la solitudine, la povertà, la tradizione, il paesaggio, la storia), tratteggiando, in poche pagine, un sintetico panorama delle arti e delle lettere di questo secolo nell a regione.
In appendice viene collocato uno scritto, Contributo a un inventario del patrimonio-libro in provincia di Lecce, che presenta un altro aspetto delle competenze dello studioso, quello di esperto biblioteconomo. Ma anche qui l’autore, superando l’ambito strettamente specialistico, attraverso la descrizione delle principali biblioteche priva te e pubbliche, che si sono formate in Terra d ‘Otranto dal Seicento ai nostri giorni, riesce ad offrire un suggestivo capitolo di storia della cultura e della civiltà salentina tout court.
[ Le scritture del testo. Salentini e non, Milella, Lecce 2003]