di Antonio Errico
Una volta, quand’era il giorno della fiera, arrivavano nei paesi i venditori di piatti chicchere bicchieri. Si mettevano con i camioncini lungo il lato della piazza, e richiamavano la gente sbattendo piatti e chicchere e bicchieri uno contro l’altro per far vedere che non si rompevano. Gli uomini e le donne – quegli uomini con camicie silenziose e quelle donne pennute che Vittorio Bodini ha dipinto con le parole- osservavano attentamente. Poi la donna sceglieva. Diceva: quelli. Basta. Come una sentenza. Se le si chiedeva perché i piatti dovevano essere quelli, lei rispondeva semplicemente: mi piaceva l’aria che portava quello che li vendeva.
L’espressione l’aria che portava costituiva la sintesi sostanziale di una scelta che si fondava su un pensiero intuitivo, sulle percezioni, forse anche un po’ sulle emozioni.
Non saprei decifrare le associazioni per le quali mi è venuto il ricordo di quelle scene mentre su “La lettura” leggevo un dialogo tra Guido Tonelli e Lorella Carimali.
Tonelli è professore di fisica subnucleare all’Università di Pisa. Ha partecipato al lavoro che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs. Ha scritto libri di divulgazione scientifica. Lorella Carimali è insegnante e scrittrice. Ad un certo punto, dunque, Tonelli sostiene di non credere nell’eccessiva specializzazione delle conoscenze, perché viviamo in una società tumultuosa in cui le cose cambiano rapidamente e dobbiamo aspettarci molte rivoluzioni nei prossimi decenni. Bisogna essere preparati, dunque. Dice che serve una formazione di base molto solida con la capacità di adattarsi alle novità. Dice che serve creatività.
Le cose cambieranno. Forse non più di quanto cambiano adesso, non più di quanto cambiano ogni giorno. Avremo rivoluzioni. Forse non più di quante, radicali, ne abbiamo avute nel Novecento e di quante ne abbiamo nel secolo che stiamo vivendo. Cambierà la nostra esistenza. Forse non più e non meno rapidamente di quanto è cambiata negli ultimi tempi e di quanto cambia in questo presente. Se sarà meglio, se sarà peggio, non possiamo saperlo. Quelli che sono ottimisti sempre e comunque dicono che il cambiamento che si è verificato negli ultimi tempi è stato in meglio, indubbiamente. Hanno ragione. Quelli che sono pessimisti sempre e comunque dicono che il cambiamento che si è verificato è stato in peggio. Hanno ragione. Quelli che si soffermano a riflettere un poco, ad analizzare i fatti, i fenomeni, le cose, a fare il conto dell’impresa e della spesa, dicono che è cambiato un po’ in meglio e un po’ in peggio. Hanno ragione anche loro, forse più di quanto ne abbiano gli ottimisti e i pessimisti sempre e comunque.
Ma verranno rivoluzioni, pensa e dice Tonelli, come lo pensiamo e lo diciamo tutti. Si deve essere in grado di confrontarsi. Non basta saperle determinare; occorre anche saperle governare, perché non ci travolgano, perché non ci sconvolgano.
Le rivoluzioni nella cultura si governano esclusivamente con il pensiero perché è il pensiero che le realizza. Allora avremo bisogno di un pensiero diverso; ne abbiamo già bisogno. Probabilmente è questa la creatività di cui parla Tonelli. E’ un pensiero che non accoglie ogni cosa indiscriminatamente, che è capace di selezionare e di decidere che cosa produce il meglio e che cosa produce il peggio, senza ottimismi o pessimismi stabiliti a priori. Forse la creatività è un pensiero che non si pone in modo servile nel confronti delle macchine, per esempio. E’ un pensiero che va oltre le delimitazioni, quando deve, ma che sa anche fermarsi sulla soglia dell’oltre quando intuisce che scavalcarla non è giusto, non è meglio. Allora è un pensiero che combina sapientemente la razionalità con l’intuizione, la prudenza con l’imprudenza calcolata, la fantasia con la fattibilità, il calcolo con l’azzardo, il rigore con lo stupore.
Forse avremo bisogno di questo pensiero, negli anni a venire. Per non farci sopraffare dalla ragione senza condizioni dell’algoritmo, per esempio. Per non farci sedurre da qualsiasi sirena che canta, da qualsiasi nuovo che avanza, per non farci esultare se qualcuno ci lascia in dono un cavallo di legno sotto le mura della nostra esistenza, per non portarcelo in casa senza prima guardare bene che cosa c’è dentro.
Forse la creatività è un pensiero che si affida a quello che sopraggiunge ma che di esso allo stesso tempo diffida, e così commisura, verifica, valuta, confronta, riscontra.
E’ un pensiero che riesce a distinguere il falso dal vero. Richiamare una competenza del genere potrebbe anche sembrare banale, ma non lo è. Perché sempre di più avvertiamo l’assedio del falso: della falsa notizia, del falso modello, della falsa realtà: la realtà virtuale, aumentata, manipolata, contraffatta, affatturata. La simulazione della realtà; la realtà “altra”, quindi irreale. Ne avvertiamo l’assedio semplicemente per il fatto che abbiamo conservato una minima capacità di distinguere, che però stiamo rischiando di perdere, per cui potrebbe accadere che ad un certo punto non si sappia più avvertire, per cui percepiremo il vero e il falso come la stessa cosa.
Verranno rivoluzioni culturali. Lo sappiamo bene, e sarà un gran bene che vengano, probabilmente. Una cultura che non rivoluziona se stessa infiacchisce e muore. Ma si deve imparare a capire quali sono le cose che sono progresso da quelle che lo sembrano soltanto.
Bisogna imparare a capirlo in tempo, attraverso l’integrazione degli elementi della cultura alla quale si appartiene con quelli della cultura che sopraggiunge.
Scrivendo, mi è sembrato di comprendere per quale motivo quando ho letto il dialogo fra Guido Tonelli e Lorella Carimali, mi sono tornate in mente quelle scene della fiera del paese.
Le donne che sceglievano considerando l’aria che portava il venditore di piatti chicchere bicchieri, avevano appreso, istintivamente, ad applicare i vecchi criteri della cultura contadina ai nuovi di quella mercantile. Così non si facevano fregare.
Questo, probabilmente, dovremo fare noi quando ci ritroveremo, senza nemmeno accorgercene, nel pieno svolgimento delle rivoluzioni culturali che attraverseranno i prossimi decenni.
Applicheremo i criteri che abbiamo elaborato e sperimentato nei nostri contesti culturali. Semplicemente valutando, così, per intuizione – anche noi con le nostre camicie silenziose – l’aria che portano coloro che verranno a metterci la meraviglia delle cose nuove sotto gli occhi. Certamente riusciremo a capire se sono false o se sono vere. Certamente sapremo scegliere. Almeno si spera.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” Domenica 16 settembre 2018]