In una recente intervista sul suo intervento al Festival della Comunicazione di Camogli, Roberto Cingolani, direttore e anima dell’Istituto Italiano di Tecnologie, riprende una proposta dell’astrofisico Stephen Hawking. Spiega che l’uomo sta distruggendo il pianeta con attività che non si curano della salvaguardia dell’ambiente, erodendo le premesse per la propria sopravvivenza. Gli ecologi lo dicono da molto tempo e ora anche altri cominciano a capire che questo è il problema numero uno. La soluzione proposta da Cingolani ricalca quella di Hawking: colonizzare altri pianeti. Non credo sia una soluzione praticabile. Lo spiega anche la Bibbia: Noè non porta solo la sua famiglia sull’arca, porta anche una coppia di tutti gli animali. Il resto della natura. Non bastano le condizioni chimiche e fisiche per rendere abitabile un altro pianeta, ci vogliono gli ecosistemi e la biodiversità. La possibilità che, altrove, si siano evoluti ecosistemi tanto simili ai nostri da permetterci di sopravvivere non vale neppure la pena di esser presa in considerazione. Pensare di portare gli ecosistemi con noi, sull’astronave, per ricrearli tali e quali su un altro pianeta è altrettanto impensabile. Non esiste il pianeta di riserva, abbiamo questo. Cingolani parla di decrescita felice come di un ritorno a quando l’uomo viveva in media meno di cinquant’anni. Non è questo che si intende. Le leggi della natura sono essenzialmente due. Una dice che tutte le specie tendono a crescere, l’altra dice che non tutte possono farlo perché il sistema che ci ospita è limitato e nulla può crescere senza limiti. Neppure noi. Le specie più a rischio sono quelle di maggiore successo, perché le loro popolazioni aumentano a tal punto da far schiantare gli ecosistemi che le sostengono. Poi l’evoluzione propone altre soluzioni. La storia della vita è costellata di estinzioni di massa. Noi oggi siamo la specie di maggiore successo e stiamo erodendo le premesse per la nostra sopravvivenza. La nostra “civiltà” è obesa e si deve mettere a dieta: che non si confonda la dieta con la carestia. Abbiamo usato la tecnologia senza curarci dell’ambiente, e abbiamo combinato un sacco di guai. Basti pensare alla plastica, o al nucleare. Dobbiamo usare la tecnologia per trovare soluzioni che siano sostenibili, cioè che non erodano il capitale naturale. Per far questo è necessario l’Istituto Italiano di Tecnologie, come ci insegna Cingolani. Ma non basta. Per non ripetere gli errori del passato ci vorrebbe anche un Istituto Italiano degli Ecosistemi, che ci faccia capire come restare in armonia con la natura mentre sviluppiamo nuove tecnologie. Questo istituto non c’è. Non possiamo pensare di risolvere i problemi senza conoscere quali impatti possiamo avere sugli ecosistemi con le nostre tecnologie. Tutte le nostre azioni devono fare i conti con la natura, e dobbiamo lavorare per conoscerla meglio. Le buone intenzioni non bastano. Il Ministro dell’Ambiente francese si è dimesso perché, in barba alle dichiarazioni di principio, si continua come sempre. La bambina svedese ha smesso di andare a scuola per protestare contro la distruzione dell’ambiente e ammonisce: a che serve andare a scuola se poi non si dà retta alla scienza? Non esiste una sola scienza, ce ne sono tante, ognuna con le sue prerogative. Se parliamo di ambiente, la scienza è l’ecologia, e non possiamo pensare di sostituirla con altro. Purtroppo, invece, pensiamo di risolvere i problemi senza conoscerla. Le scienze non devono combattersi, o ignorarsi, devono collaborare e devono essere sostenute in modo armonico. Le tecnologie e l’economia non risolveranno i nostri problemi se non faranno continuamente i conti con l’ecologia. Abbiamo già fatto l’errore di ignorarla, sarebbe meglio non perseverare.
[“Il Secolo XIX” di domenica 9 settembre 2018]