di Paolo Vincenti
È morto ad 82 anni Isao Takahata, il famoso regista giapponese di serie animate come Heidi e Lupin III, Marco -dagli Appennini alle Ande e Anna dai capelli rossi. Riposi in pace. Un grande dell’animazione. Dopo aver lavorato alla Toei Animation, insieme a Hayao Miyazaki, negli anni Ottanta, fonda lo Studio Ghibli, indiscutibilmente il più rispettato e importante del Giappone. Chi non ricorda i meravigliosi cartoni di cui Takahata fu artefice? È stato regista di numerosi film cinematografici ma indiscutibilmente la sua fama resta legata al ciclo di cartoni della Nippon Animation.
“Lupin III” è uno dei cartoni di maggior successo della storia e continua ancora oggi ad essere trasmesso in tutto il mondo. Il creatore del personaggio (“Rupan Sansei”, la serie originale) è Monkey Punch, che si ispirò alla figura del famoso ladro gentiluomo, Arsenio Lupin, creata dal francese Maurice Leblanc. Dal 1967, quando è nato il fumetto, il successo di di Lupin III è stato inarrestabile, specie quando nel 1971 è diventato un cartone animato, anime, come vengono chiamati i manga giapponesi. Tantissimi i film usciti negli anni, sia lungometraggi che cortometraggi. Ma ad essere nell’immaginario collettivo di più d’una generazione di adolescenti sono i cartoon. In Italia, la prima serie arriva nel 1979, col titolo “Le avventure di Lupin III”, poi riproposto col titolo originale di “Planet O”, come la sua prima sigla; questa serie forse è la più bella stilisticamente, più complessa, psicologica, accattivante, Lupin è più tenebroso e la sua storia d’amore con Fujiico, poi Margot, più erotica, i personaggi sono più tirati, in qualche modo più cattivi, in un contesto molto dark, a metà via fra il thriller psicologico e la spy story. La sigla, “Planet O”, cantata in inglese da Daisy Daze and the Bumble Bees, si ispirava al romanzo erotico “Histoire d’O”, forse per analogia con le atmosfere sadomaso della storia d’amore fra Lupin e Fujico. Nel 1981 parte la seconda serie, “Le nuove avventure di Lupin III”, con la meravigliosa sigla di Migliacci-Micalizzi cantata da Irene Vioni e l’Orchestra Castellina-Pasi. Questa serie ha un taglio più giocoso, scanzonato, Lupin è più sulfureo, dinamitardo e in fin dei conti macchiettistico, le scene sono più solari, distese. Le storie d’amore sono meno spinte, il gioco di seduzione di Margò meno ostentato. Ciò sicuramente grazie alle notevoli censure apportate rispetto alla serie originale. Nel 1987 parte la terza serie, “Lupin, l’incorreggibile Lupin”, anche questa notevolmente censurata, che è un prodotto più vicino ai ragazzi, meno film insomma e più cartone, i personaggi più patinati e più monolitici, meno sfaccettati. La sigla di Valeri Manera-Carucci, anch’essa molto bella, è cantata da Enzo Draghi. Queste, le tre serie storiche, poi nel 2014 è partita un’altra serie e nel 2015 ancora altre, attualmente in corso. Ma gli appassionati di Lupin distinguono le tre serie storiche in base al colore delle giacche del suo protagonista: verde nella prima serie, rossa nella seconda e rosa nella terza.
Di grandissimo successo è stata anche Anna dai capelli rossi, anime giapponese nato nel 1979 e tratto dall’omonimo romanzo per ragazzi della scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery. Trasmesso in Italia dal 1980, è una storia di formazione, la dura infanzia della giovane Anna Shirley, ambientata negli Stati Uniti nella seconda metà dell’Ottocento. Questa serie animata è stata molto seguita, tanto da essere trasmessa ancora oggi sulle reti Mediaset. Indimenticabile la sigla, di Albertelli-Tempera, canta da Paola Orlandi col coro. Che dire di “Heidi”, anime che ha fatto piangere e ridere di gioia torme di adolescenti ma anche di adulti in tutto il mondo, da quando è uscita nel 1974, prodotta dalla Nippon Animation? Ispirata all’omonimo romanzo per ragazzi scritto da Johanna Spyri, la serie, ambientata fra la Svizzera e la Germania nell’Ottocento, è arrivata in Italia nel 1978 e da allora viene continuamente ritrasmessa. Il nonno di Heidi, Peter, Fiocco di neve, Nebbia, Clara,la signora Rottenmeier, sono personaggi entrati a pieno titolo nel patrimonio affettivo dei meno giovani. Oltre al doppiaggio italiano, buona parte del merito del successo dell’anime si deve alla sigla di Migliacci, cantata da Elisabetta Viviani, e rifacimento di quella tedesca composta da Christian Bruhn.
Anche Marco dagli Appennini alle Ande è un bellissimo cartoon giapponese, nato negli Anni Settanta e ispirato al celeberrimo episodio del Libro “Cuore” di Edmondo De Amicis. Arrivato negli anni Ottanta in Italia, ne ricordiamo la bellissima sigla di Albertelli-Tempera, cantata da “Gli amici di Marco”, che però cambia nel passaggio dalla Rai a Mediaset e viene sostituita da “Ciao Marco ciao”, cantata dal duo tedesco Gitti e Erika.
Da un regista nipponico ad un produttore italiano, anzi salentino: Carmine De Benedittis, originario di Nardò, fu colui che importava in Italia i mitici cartoni animati dello studio “Hanna e Barbera”. L’occasione di ricordarlo è offerta da un recente libro edito da NPE, “Hanna e Barbera”, di Marco P.Gaspareti (2017), nel quale si ripercorre la storia dei celebri cartoonist holliwoodiani, papà di personaggi come in primis “Tom e Jerry”, ma poi anche “I Flinstones”, ovvero, in Italia, “Gli Antenati”, e i loro ideali epigoni, cioè “ I Jetson”, ovvero “I pronipoti”, “Ernesto Sparalesto”, “Lupo De Lupis”, “L’orso Yoghi”, “Mototopo e Autogatto”, “Scooby-Doo”. Una pluripremiata ditta, quella di Hanna e Barbera, un marchio di fabbrica riconoscibilissimo, nella memoria degli adolescenti degli anni Settanta e Ottanta, e di grande richiamo ancora oggi per le ultime generazioni di bambini, perché la qualità di questi cartoni è indiscutibile tanto da renderli dei classici. La “Hanna e Barbera Production” ha fatto la storia dell’animazione televisiva. E in questa grande avventura entra a buon diritto il produttore salentino De Benedittis (scomparso nel 2008), il quale, da vero pioniere, negli anni Settanta, acquistò i diritti della “Hanna e Barbera”, attraverso un accordo con la Columbia University, e prese a distribuire in Italia le cassette dei cartoni animati al circuito delle televisioni private. De Benedittis aveva iniziato con i film di Bruce Lee, di grande successo negli Anni Settanta, aveva cioè acquistato ad Hong Kong i diritti di distribuzione in Italia, e poi, spostatosi negli Stati Uniti, il fortunato incontro, ad Hollywood, con i potenti Studios della Hanna e Barbera, che, oltre ai cartoni di loro creazione, negli anni Ottanta, realizzavano e producevano anche quelli i della Marvel. Così come “Bumper”, “Gianni e Pinotto”, e via dicendo. Tutti i ragazzi di quegli anni ricorderanno la sigla della “Audiovisual srl”, la casa di produzione di De Benedittis, che andava in onda prima dei cartoni: “Carmine De Benedittis presenta..” mentre sotto scorreva la simpatica musichetta. De Benedittis fu anche produttore cinematografico, per esempio con “Colpo di sole”, “Teste rasate”, e con i film di “Pierino”, di cui realizzò “Pierino torna a scuola”, del 1990, ed un altro, “Pierino stecchino”, parodia del successo di Roberto Benigni, che invece non uscì mai nelle sale. In rete si possono trovare delle gustose notizie sulla storia dei film di Pierino, nel sito “Nocturno”, alla voce “Che casino coi Pierini”. Quest’ultimo film, fra i più scollacciati e volgari della già greve serie pierinesca, era stato scritto da De Benedittis insieme a Claudio Fragasso e Anna Chetta, da Squinzano, più nota come Linda Lorenzi, l’illusionista assistente di Tony Binarelli, che negli anni Ottanta furoreggiava sia come valletta de “Il pranzo è servito”, con Corrado, che come coscialunga di “Colpo Grosso”, trasmissione osé di Umberto Smaila. E pure nel film di Pierino, la Lorenzi recitava senza veli. Ma il film più noto di De Benedittis è “La posta in gioco”, il primo sulla storia di Renata Fonte, sua conterranea.