Contro la valutazione meritocratica. Un libro denuncia di Enrico Mauro

di Gigi Montonato

I pesci e il pavone. Contro la valutazione meritocratica della ricerca scientifica (Milano-Udine, Mimesis, 2017, pp. 112) è una raccolta di articoli e saggi che l’autore, Enrico Mauro, ricercatore di Diritto amministrativo presso Unisalento, tiene a precisare non concepiti né armonizzati per formare un tutto organico. Essi hanno tuttavia evidente centralità di tema e di tesi, la valutazione scientifica universitaria (Anvur), operativa dal 2011, e una precisa posizione critica, già esplicitata nel titolo, vistosamente provocatorio.

Per un verso la tesi dell’autore è di carattere teorico e sostiene che la ricerca scientifica non può essere soggetta a tempi prestabiliti né può essere valutata da circostanze esterne, per un altro ha carattere concreto ed è riconducibile alle contingenze dalle quali è stata più immediatamente motivata. Stiamo parlando del disagio dei ricercatori universitari, alle prese col lavoro di ricerca in sé, i tempi di ultimazione e la banale-mortificante valutazione dell’Anvur.

Alcuni ricercatori scientifici si sono recentemente opposti, “poco propensi – dice Mauro – alla «servitù volontaria», ossia a farsi spensieratamente «[v]alutare e punire» (definanziare, deretribuire, confinare alla didattica, escludere da commissioni concorsuali e da collegi di dottorato, sovraccaricare di incarichi gestionali ecc.), poco propensi a farsi ‘valutare’ implorando la ‘valutazione’, a farsi punire salmodiando ringraziamenti per la ‘meritata’ punizione, a sacrificare la libertà di scienza e di insegnamento […] e la stessa dignità lavorativa sull’altare della divinità meritocratica”. Essi si appellano all’art. 33 della Costituzione, che al 1° comma sancisce “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, dall’autore più volte richiamato.

Dall’amaro sarcasmo alla fine ironia. L’autore attacca sia il valutatore seriale, “ma non serio”, sia il legislatore che a quello affida il destino di una ricerca condotta all’insegna della libertà. Contro la valutazione normata e burocratizzata, che “si dà dei tempi stretti, rigidi, arbitrari, nei quali pretende di ingabbiare la ricerca, che perde così la libertà del respiro: i ricercatori sono chiamati a respirare tutti allo stesso ritmo”, l’autore è per una valutazione informale, che in quanto studio e pensiero “ha bisogno del tempo di cui ha bisogno, del tempo cairologico, giusto, esattamente come lo studio e il pensiero valutati”.

Nel primo caso il ricercatore non può distrarsi minimamente dal lavoro di ricerca per poter stare nell’ordine burocratizzato e burocratizzante. “La lettura – scrive Mauro – diventa un lusso che non ci si può permettere, tempo perso, un’attività sempre più periferica, ormai in bilico tra scienza e non-scienza” e conclude ironicamente: “Si avrà tempo per leggere dopo la pensione, ai giardinetti”. Essa “ha per obiettivo quello di accrescere la quantità della ricerca e di appiattirla su un unico stile: verso il ‘sogno’ della «scienza unificata», statalmente e ultrastatalmente”. A fronte di un simile ordine di cose “la valutazione informale ha per obiettivo quello di migliorare contenuti e stili della ricerca, anche a costo di rallentarla – ma si tratta solo di darle il giusto ritmo”.

Mauro rivendica l’umanizzazione della ricerca scientifica e la sua liberalizzazione dai paletti burocratici, che ledono sia la libertà del ricercatore che la qualità della ricerca. “Quando tutto è sotto controllo, dapprima non si ha paura di muoversi – scrive – poi si scopre che non ci si può muovere”.

E, riprendendo lo studio di Davide Borrelli “Contro l’ideologia della valutazione. L’Anvur e l’arte della rottamazione dell’università” (2015), insiste su una serie di contraddizioni e inconciliabilità: come si possono perseguire obiettivi prototipici se poi si è valutati in base a criteri stereotipici, che incentivano il conformismo e disincentivano la sperimentazione? Come si può valutare il merito senza entrare nel merito? Elaborare paradigmi rivoluzionari quando si è giudicati programmaticamente in base a parametri prerivoluzionari?

L’autore non si nasconde la problematicità del fenomeno fino ad affacciare il dubbio che “forse non può essere diversamente”, ma aggiunge “occorrerebbe perlomeno avere profonda consapevolezza della questione, pena la certezza della tendenziale soppressione del nuovo, del diverso, del plurale: difficilmente si tentano nuove strade se si rischia di non essere considerati per anni o decenni, se si rischia di apparire bizzarri, stravaganti, eccentrici”.

Amante di metafore e paradossi, Mauro, che si rivela scrittore brillante e polemista efficace, chiude col capitoletto “Su un libro non letto dal proprio autore (ovvero sullo spirito della ‘valutazione’ meritocratica della ricerca scientifica)”, in cui riprende il libro del francese Pierre Bayard, Comment parler des livres que l’on n’a pas lus (Come parlare di un libro senza averlo mai letto), in cui la tesi di fondo è il paradosso di Oscar Wilde “Non leggo mai i libri che devo recensire; non vorrei rimanerne influenzato”. Mauro mette il dito su una vecchia piaga dell’università italiana, quella di valutare “senza leggere” i testi sottoposti ad esame valutativo. In verità i docenti universitari devono spartirsi in tre: sono ricercatori, docenti e autori. Se a questi compiti si aggiunge la valutazione meritocratica dei ricercatori non è difficile arguire che in qualcosa finiscono per essere o inadempienti o superficiali.

Se è consolante per i nostri ricercatori scientifici, ricordiamo che già nel Cinquecento Giordano Bruno era imbattibile nel riferire il contenuto di un libro dopo esserselo rigirato in mano e sfogliato un paio di volte. Ma riferire il contenuto di un libro è un conto, valutarlo, sapendo peraltro di condizionare la carriera di un professionista, rilevando meriti e demeriti, è di gran lunga un altro. Occorrono, per questo, dottrina, prudenza e rispetto, senza dare niente per scontato. A questo fine crediamo miri la forte denuncia dell’autore.

[“Presenza taurisanese” anno XXXVI n. 5 – maggio 2018, p. 6]

 

 

 

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