di Ferdinando Boero
Quando un militare statunitense, nel carcere di Abu Ghraib, filmò con il telefono gli abusi sui prigionieri iracheni, e il filmato finì in rete e poi in televisione, il mondo inorridì. Cose simili avvennero a Genova, nella Caserma di Bolzaneto. Ora vediamo ragazzini che minacciano i docenti. Dove andremo a finire? Il benpensantismo insorge e rimpiange i vecchi tempi. Nei vecchi tempi non c’erano i telefoni che filmano e non c’era la rete. Nei vecchi tempi si leggeva Cuore, di De Amicis, e accanto al buon Garrone c’era Franti, l’infame. Il bullo violento e bieco.
Ma una cosa è sentirlo raccontare e altra cosa è vederlo.
La trasmissione degli eventi ci rende testimoni oculari, e non fruitori di un racconto elaborato da altri. Ora possiamo vedere con i nostri occhi quello che ogni tanto avviene e, dato che le vediamo, le aberrazioni diventano la norma. Tutti i poliziotti e i carabinieri sono torturatori. Gli insegnanti sono tutti imbelli, i giovani sono tutti bulli, i genitori sono tutti sostenitori delle violenze dei propri figli. E, ovviamente, i maschi sono tutti criminali uccisori di donne e violentatori di bambine. Ovviamente, ancora, i preti sono tutti pedofili.
In passato queste cose avvenivano e si raccontavano (Franti) ma erano comunque “lontane”. Una canzone di Frank Zappa dice: It can’t happen here: non può accadere qui. Le cose avvengono sempre agli altri, non a noi. In questo fine settimana moriranno venti persone, dicono le statistiche. Nessuno pensa di essere tra quelle venti. Però, se cade un aereo, chi non è abituato a volare e lo deve fare si siede facendo il segno della croce, e pensa che cadrà anche l’aereo su cui sta viaggiando: ogni sobbalzo è il preludio dello schianto.
Il giornalismo immediato e autosufficiente dei video filmati col telefono e trasmessi in rete fa sì che quel che vediamo “avvenga qui, di fronte a noi”, che non sia più un racconto ma sia un evento “nostro”: può accadere qui. Poi ci sono eventi che “ci piacciono” e che non ci fanno inorridire. Se c’è un incidente, magari con morti, ci sono le “file per curiosi”: quelli della corsia opposta che rallentano e guardano, sperando di vedere il morto carbonizzato, per raccontarlo con finto orrore.
Per i morti sulle strade, nonostante questa insensibilità morbosa, si sono fatti enormi progressi. Le auto sono più sicure, ci sono implacabili sistemi di rilevamento della velocità, è stato introdotto il reato di omicidio stradale.
Questi eventi filmati sono giusti allarmi che ci devono spingere a migliorare. Ma i poliziotti non sono tutti torturatori, i giovani non sono tutti bulli, gli insegnanti non sono tutti imbelli, i maschi non sono tutti stupratori e femminicidi, i preti non sono tutti pedofili. Le leggi che considerano un crimine la persecuzione delle donne da parte di maschi frustrati considerano fenomeni prima soltanto taciuti; il Papa finalmente considera la pedofilia nella chiesa. E, finalmente, gli orientamenti sessuali di adulti consenzienti non sono più visti come crimini se non sono conformi a norme prestabilite. Queste testimonianze filmate sono uno stimolo a migliorare, e il miglioramento c’è, anche se non bisogna mai abbassare la guardia.
Nota: avrei potuto usare una serie di parole come smartphone, social media, marine (inteso come membro del corpo dei marines), internet, tutor, stalking, gay. Ma non esageriamo nello stigmatizzare l’uso dell’inglese: ai tempi di “quando c’era lui” non si potevano usare parole come film, si doveva dire pellicola. Ieri ho visto una bella pellicola. Est modus in rebus, diceva l’Azzeccagarbugli citando Orazio (esiste una misura nelle cose). Ancora: ho usato una parola da usato sicuro: benpensantismo.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di sabato 21 aprile 2018]