La bellezza del “Quotidiano” consiste nella libertà concessa a chi invia contributi, con l’apertura di dibattiti pubblici che ospitano opinioni variegate e, a volte, contrastanti. L’articolo dell’avvocato Michele Bonsegna sul “Quotidiano” del 4 aprile mi stimola ad alcune considerazioni. L’ho letto e riletto, per esser certo di aver capito bene. In sintesi, l’avvocato Bonsegna spiega che l’interdittiva antimafia è un’arma affilata e appuntita in mano al Prefetto che, con essa, può condannare a morte un’impresa. Di più: se i dipendenti della ditta “interdetta” hanno legami con l’ambiente malavitoso non si possono appellare alla norma che prevede il passaggio della maestranze dalla ditta interdetta a quella che ad essa subentra. Questa comunanza di interdizione crea un legame tra datore di lavoro e maestranze, alleate in difesa del lavoro.
L’avvocato Bonsegna dottamente disquisisce sulla derivazione latina del nome altisonante del provvedimento, da lui definito devastante per l’impresa. Interdittiva deriva dal latino “interdicere”. Già. L’avvocato, però, non ci spiega da dove derivi la parola “antimafia”, che si aggiunge alla parola “interdittiva”. Non è un particolare da poco. E non ci spiega neppure il significato dei “dipendenti aventi precedenti legati alla criminalità organizzata” che, quindi, risultano anch’essi interdetti proprio come l’azienda con gli stessi legami. Forse non ho capito bene il senso dell’articolo, ma certamente la pervasività della malavita organizzata negli appalti è abbastanza documentata e le normative sono state emanate proprio per permettere una sana competizione tra le aziende che concorrono ad appalti pubblici. È anche abbastanza frequente che una ditta legata alla malavita organizzata abbia maestranze con gli stessi legami. Il fine di queste “armi affilate e puntute” nelle mani del Prefetto dovrebbero servire a eliminare l’interferenza mafiosa nel mondo del lavoro e degli appalti. Comprendo che una ditta, e le rispettive maestranze, che non abbia tali legami e che venga ingiustamente accusata di averne, sia gravissimamente danneggiata da queste armi. Ma questo vale per qualunque legge. Chi è accusato di omicidio e non ha ucciso nessuno viene privato della propria libertà. Allora abroghiamo le leggi che puniscono gli omicidi?
Nel nostro paese il legame tra i vertici del potere e la malavita organizzata sono pervasivi, e sono anche premiati dall’elettorato. Un noto presidente del consiglio, ora interdetto dall’attività parlamentare, aveva come braccio destro un individuo che ora è in galera per legami con la mafia. Lo stesso presidente, un tempo anche cavaliere, disse che uno stalliere mafioso che lavorava per lui era un eroe e che la Magistratura è un cancro per il paese, se non ricordo male. Queste dichiarazioni non lo squalificarono agli occhi dell’opinione pubblica, che lo premiò con un plebiscito di voti. La contiguità con la “cultura” mafiosa fa sì che chi denuncia un criminale sia considerato un infame delatore, e non un cittadino che rispetta la legge e che collabora con la Giustizia per far trionfare la legalità.
Mi viene in mente il Governo che non si riesce a fare, e le forze politiche che non riescono a mettersi d’accordo. Ognuna con le sue ricette. Qualcuno pensa di dare un reddito a chi non ha reddito, altri pensano a ridurre le tasse. Le ricette ricalcano quelle precedenti e si basano sulla cura dei sintomi: mettiamo più soldi in tasca agli italiani, e tutto si aggiusterà. Le cause dell’aumentata povertà degli italiani e della mancanza di prospettive per i giovani, oltre alla devastazione del nostro patrimonio culturale e naturale, consistono nella diffusa illegalità che comincia con la malavita organizzata e finisce con la corruzione. A questo si aggiungono le opportunità di lavoro offerte ad incapaci con oscuri legami, a scapito di capaci che sono costretti ad emigrare. L’Autostrada Salerno Reggio Calabria, un capolavoro della concessione di appalti alla malavita, è stata sostituita dall’Autostrada del Mediterraneo. Hanno rifatto le gallerie e i ponti a fianco a quelli dell’autostrada precedente! L’opera è costata il doppio. Ci sono strade appena inaugurate che crollano, per non parlare di altre strade sotto al cui tracciato sono stati seppelliti rifiuti tossici. Il nostro paese è campione mondiale di consumo di suolo e stiamo coprendo di cemento il nostro territorio. I fondi europei sono utilizzati male, per finanziare appalti per opere spesso inutili e spesso neppure finite. Dietro, di solito, c’è la malavita organizzata.
Non basta mettere un po’ di soldi in tasca agli italiani per rimuovere le cause del degrado del nostro paese. I problemi non si risolvono né “rimandando a casa gli immigrati”, né “eliminando i vitalizi ai parlamentari” e neppure con il reddito di cittadinanza o con la tassa piatta (flat tax). Pannicelli caldi che alleviano il dolore della malattia ma che non ne rimuovono le cause: corruzione e pervasività dell’illegalità.
Detto questo, il giustizialismo che emana ingiusti provvedimenti di interdizione a cittadini innocenti è assolutamente esecrabile, ed esistono casi in cui innocenti hanno subìto l’infamia della carcerazione a causa di manie di protagonismo di magistrati innamorati di “teoremi” basati su pregiudizi. Ma penso anche ai Magistrati uccisi dalla malavita e dal terrorismo, a volte isolati nello svolgere il proprio lavoro da un “sistema” che vede la Giustizia come un cancro e i delinquenti come vittime o, addirittura, eroi. Sono totalmente d’accordo con l’avvocato Bonsegna quando l’affilata e puntuta arma dell’interdizione si accanisce contro gli innocenti. Ma, vista la situazione attuale del paese, temo che le armi in dotazione a Prefetti e Magistrati siano ancora spuntate e che la malavita organizzata abbia sì bisogno di avvocati difensori in sede giudiziale ma che sia giustissimo che gli afferenti e i contigui alla malavita organizzata siano messi in condizione di non nuocere.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di venerdì 6 aprile 2018]